Una vacanza trascorsa a soccorrere le tartarughe
Un servizio visto in Tv e per Michela l'estate si è accesa. La giovane varesina racconta la sua esperienza estiva al centro di Lampedusa che cura le tartarughe marine
«È difficile andar via da un posto e non portarsi dietro almeno un ricordo. Ma per questa esperienza non basterebbe un solo mare a contenere tutto», così Michela comincia a raccontare la sua esperienza di ritorno da un Campo di Volontariato a Lampedusa. Sono ancora vivi i ricordi per la varesina Michela Vendramin che ha trascorso le sue vacanze estive in un centro per la salvaguardia di specie protette che nuotano nelle acque mediterranee.
Nonostante un percorso universitario che nulla c’entri dato che è iscritta alla facoltà di Informatica all’Università dell’Insubria, si è buttata con entusiasmo in questo progetto di volontariato. « Sono da sempre attenta all’ambiente, così ho deciso di dedicare i miei giorni di ferie a questa realtà che opera ogni giorno a contatto con il mare, le sue bellezze e le sue problematiche» ricorda la ragazza che ha condiviso l’esperienza con l’amica Antonella.
Il tutto é nato da una fortuita coincidenza. Mentre veniva trasmesso un servizio televisivo girato al campo volontari, Michela sedeva di fronte alla tivù, così, incuriosita, ha preso subito contatti con il centro siciliano tramite sito internet. «Certo, non è stata una passeggiata. La vita del campo segue ritmi abbastanza frenetici ma che lasciano spazio a molti momenti di condivisione, sia con gli altri volontari che con i Lampedusani – racconta Michela – La casa residenziale é affidata ai volontari per questo è autogestita. La “giornata tipo” iniziava con una breve colazione e poi via verso il centro. Ogni giorno mi dedicavo alla pulizia e alla manutenzione dello spazio che ospita le tartarughe, poi pausa pranzo, magari in spiaggia, ed un tuffo in mare. Nel pomeriggio ci recavamo nuovamente al centro per l’apertura al pubblico».
Ospiti del centro sono per la maggior parte tartarughe Caretta Caretta, specie che abita il mar Mediterraneo. Salvo incidenti occasionali, il problema ricorrente resta la pesca all’amo: « Spesso infatti sono le tartarughe, e non i pesci a farsi avanti, ingoiando l’amo e la lenza. Obiettivo del centro è sensibilizzare i pescatori del luogo e invitarli a contattare l’associazione, qualora si veda una tartaruga in difficoltà, e non a tagliare la lenza lasciando la tartaruga in mare. Durante la mia permanenza ci sono stati tre arrivi e due partenze: una tartaruga trovata a Catania, un’altra recuperata dalla Guardia Costiera a Lampedusa e un esemplare di una specie differente, la più grande mai esistita, che popola abitualmente l’oceano Atlantico».
Michela racconta di aver avuto modo di lavorare le specie in prima linea, con l’aiuto di Daniela Freggi, biologa marina che coordina le attività, autofinanziandosi, da circa 20 anni. «Purtroppo è triste scoprire che, pur trattandosi di una specie protetta, nessun ente finanzia in minima parte questo progetto, nemmeno il WWF stesso». La volontaria conclude lanciando un messaggio: «possiamo cambiare le cose in meglio, da cittadini di questo pianeta, che è nostro e quindi di tutti. Non è facile comprendere che l’ambiente al di fuori del giardino di casa propria è ancora nostro e che dovremmo prendercene cura allo stesso modo. Non gettiamo rifiuti al di fuori delle sedi adatte alla loro raccolta, non gettiamo rifiuti in mare (la plastica trasparente viene scambiata dalle tartarughe per meduse di cui vanno ghiotte) e lasciamo pulite le spiagge così come ci piacerebbe trovarle. Così facciamo la differenza!!».
Quella di Michela è una storia di giovani varesini e delle loro esperienze.
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