“La cultura ti fa stare meglio e ti rende forte”

Intervista al filosofo ppo Franco Bolelli. «Credo ci sia grande forza vitale in tanti studenti, credo ce ne sia pochissima nella scuola»

Lamentarsi, lamentarsi di continuo, dopo di che concentrarsi sul proprio ombelico, imbronciati. Si usa, lo fanno tutti, quindi perché non farlo a nostra volta? Per fortuna c’è chi la pensa diversamente. Tre parole d’ordine: coltivare la propria unicità, munirsi di senso di responsabilità e impadronirsi del senso dell’impresa. La parola al filosofo «pop» Franco Bolelli (foto sopra).

«Mi è sempre venuto naturale, da quando andavo al liceo, mescolare robe completamente diverse». Bolelli, quando andava al liceo, che alunno era e soprattutto cosa le piaceva mescolare?

«Ero indisponente. Fuori da tutti gli schemi. Per vocazione già da allora volevo seguire solo e soltanto le mie regole personali. Adoravo i libri e la scrittura, e al tempo stesso adoravo lo sport e il rock: due attitudini e due mondi – quello più raffinato e quello più adrenalinico – che allora erano rigidamente separati. Viverli indissolubilmente era la mia natura ed è quello che mi ha fatto crescere».

Ha detto di essere interessato alla dimensione vitale dell’esistenza. In quali campi riesce a trovare questa dimensione? La scuola appartiene a questo campo?
«La dimensione vitale è dappertutto, è negli esseri umani, nell’evoluzione, in tutto quello che muove energie, allarga frontiere. Personalmente posso dirti mio figlio e la sua piccola bimba, mia moglie, la scrittura, i progetti che faccio, le persone che incontro, i libri, lo sport, tante altre cose. Credo ci sia grande forza vitale in tanti studenti, credo ce ne sia pochissima nella scuola».

Spesso si sente dire, quando si parla di musica rock, che ormai è già stato inventato tutto e quindi non vale più la pena inventare niente. Che cosa è per lei il rock?
«No, non credo che nel rock tutto è già stato detto. a me appassiona il rock più sperimentale, quello che cerca trame e sonorità inesplorate. Radiohead, innanzitutto. Nel rock ci sono tanti stereotipi, ma questa è una ricerca che non può finire».

Quali sono le letture, i dischi e i film che hanno influito sulla sua formazione?

«Jimi Hendrix, lui mi ha davvero folgorato. Nietzsche. Ho cominciato così e a distanza di tanti anni ho abbracciato altre cose, ma l’essenza resta la stessa».

Ha una tua personale idea rispetto a cosa si possa definire “cultura”?
«Cultura è tutto quello che ti fa stare meglio -più forte, più ricco, più consapevole- di prima che tu ci entrassi in contatto».

La società insegna spesso a nascondere e a vergognarsi dei propri limiti, o presunti tali, incentivando un’ossessiva cultura del lamento. È possibile, invece, trasformare questi presunti limiti in una risorsa?
«Tutto parte dal senso di responsabilità. Se lo possiedi, allora è inevitabile evitare di lamentarsi, di accusare il sistema la società la famiglia l’arbitro, e invece lavorare sempre sui propri margini di miglioramento. Senza mai beatificarsi, senza mai demonizzarsi. si deve sempre tentare di essere un minimo meglio di come si era prima, questa è l’essenza stessa dell’evoluzione».

Cosa intende per “senso dell’impresa”?
«Il senso dell’impresa è la spinta che anima la mia relazione con la vita. Se noi umani siamo evoluti, se abbiamo creato, costruito, scoperto, inventato, è grazie al senso dell’impresa di tanti. Ma il senso dell’impresa non è necessariamente quello delle grandi conquiste, dei grandi gesti. Mi appassiona proprio la combinazione fra senso dell’impresa ed esistenza quotidiana: è un’impresa crescere bambini forti, è un’impresa tenere viva e reinventare una relazione sentimentale, è un’impresa quello che facciamo, progettiamo, realizziamo».

Veniamo bombardati quotidianamente da notizie sconcertanti su vari tipi di crisi: economica, civica e sociale. In che modo è possibile trovare un proprio equilibrio interiore nonostante le circostanze esterne?
«Credo sia fondamentale una sensibilità evolutiva: perché è vero che siamo in presenza di crisi, ma è altrettanto e ancora più vero che siamo in un’epoca di straordinaria espansione. chiaro che non è facile, quando la realtà ti colpisce duro: ma si deve tenere la bussola puntata verso le opportunità che abbiamo fra le mani. Questo non è minimamente ottimismo, non è pensiero positivo: è pensiero vitale». 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 02 Settembre 2014
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