Ferrara: “Serve una patrimoniale”
L'onorevole di Sel è intervenuto in un convegno sulla povertà organizzato dalla segreteria provinciale. «Il tema non è una nuova tassazione ma una redistribuzione della stessa»
L’onorevole Ciccio Ferrara la provincia di Varese la conosce bene, fin dai tempi in cui, sindacalista nazionale della Fiom, veniva all’AgustaWestland di Vergiate a fare le assemblee con i lavoratori. Oggi siede in parlamento tra i banchi di Sel, è componenete della commissione Attività produttive della Camera e continua a occuparsi di lavoro e politiche industriali.
Onorevole, che impressione ha avuto tornando nella provincia di Varese?
«La stessa che percepisco nel resto del Paese: c’è sofferenza e si sente la necessità di un cambiamento».
Che cosa deve cambiare?
«Se c’è una recessione che dura da sette anni, una ragione ci sarà e bisogna cercarla nelle politiche perseguite dall’Europa che sono fallite. Occorre iniziare da lì»
Beh, la cura imposta alla Grecia sembra aver funzionato, il loro Pil è in crescita e tutti i fondamentali stanno tornando ai livelli di normalità.
«Certo, se parliamo dei conti. Ma se parliamo della vita reale in Grecia le cose non vanno bene. Non è un caso che i sondaggi diano in testa Alexis Tsipras, cioè la sinistra».
Tornando all’Italia, che cosa negli ultimi dieci anni non ha funzionato?
«Il Paese ha rinunciato ad avere una politica industriale e di conseguenza abbiamo continuato a perdere competitività in più settori. Da Fiat ad Alitalia, passando per la grande siderurgia, sono il segno di una rinuncia a produrre. In altre parole, siamo meno competitivi rispetto al passato».
Quindi da dove bisogna ripartire?
«Bisogna decidere quali sono gli assi strategici del Paese e affrontare i problemi di sistema, a partire dalla messa in sicurezza del territorio. Il tema è sempre lo stesso: avere una politica industriale, decidere cosa fare e dove mettere le risorse».
Il tema della patrimoniale per la sinistra è sempre stato un punto di partenza, lo è ancora?
«Guardi non è più solo della sinistra. Se un economista come Thomas Piketty, che non è proprio un marxista, dice che nella nostra società c’è un problema con le rendite, dove i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, vuol dire che il tema non è una nuova tassazione ma una redistribuzione della stessa. Bisogna avere il coraggio di farla».
Perché la sinistra in questi anni non l’ha fatto?
«Perché è andata al Governo per governare senza una sua piattaforma. Il primo sgravio fiscale lo fece Prodi e non Renzi, ma quando era il momento di cambiare, è caduto».
Lei conosce bene l’universo di Finmeccanica, una parte del sindacato dice che se non si torna a investire, la grande industria di Stato è destinata a morire.
«Negli ultimi anni si sono fatti molti errori, concentrandosi solo su alcune parti, in particolare la produzione militare, sostenendo che il civile fosse marginale. I conti dicono che la tesi è infondata e che noi, ad esempio, potremmo fare un grande polo nazionale del trasporto in Italia. Le prime uscite di Moretti sono corrette, ma deve sapere che se decide di accentrare tutto, quando poi va nel mondo deve trattare come Finmeccanica e quindi è importante il ruolo che giocherà la politica nel dare un indirizzo industriale e una strategia di rappresentanza».
È a Varese per un convegno sulla povertà, da dove inizierà la sua relazione?
«Dal dato di realtà che tendiamo a rimuovere, perché fa male ed è scomodo. Nessuno fa più i conti con quello che vede e tocca con mano».
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