Centinaia in piazza: “Ripartano subito i lavori all’Arcisate Stabio”
Diversi amministratori locali e moltissimi cittadini appoggiano il sindaco Marco Cavallin dando vita ad un presidio di protesta contro lo stop dei lavori al cantiere: “Se il Cipe non farà nulla, continueremo a farci sentire”. Vincenzi (Provincia): “Questo cantiere è una vergogna, e andrò a dirlo a Roma”
Cosa fa un sindaco che si trova il paese tagliato in due da un’opera pubblica, residenti che soffrono di gravi disagi dovuti al rumore e a perdite d’acqua, e aziende che sono in difficoltà per l’ingombrante convivenza?
Questo fa: chiede il sostegno dei cittadini per operare la debita pressione presso le istituzioni: regione Lombardia, e Governo, come ha fatto oggi, 19 ottobre il primo cittadino di Induno Olona Marco Cavallin: ha parlato alle oltre 200 persone presenti al cantiere dell’Arcisate Stabio, all’ingresso del paese. Molti, ad ascoltarlo, erano i consiglieri comunali di paesi della valle interessati da quest’opera che attualmente ha i cantieri fermi per una questione procedurale che vede il Cipe come primo indiziato: deve decidere dove stoccare le terre all’arsenico frutto degli scavi per la realizzazione della ferrovia Arcisate Stabio. Tra la platea anche diversi sindaci in fascia tricolore, oltre al neo eletto presidente della Provincia Gunnar Vincenzi, anche lui sindaco di un comune interessato dall’opera: Cantello.
«Ho parlato con Roma (sede del Cipe, il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) e mi è stato assicurato che le riunioni per deliberare sul cronoprogramma dell’opera ci sarebbero state. Poi non ho saputo più nulla – ha spiegato Cavallin poco dopo le 10 dall’alto di una scaletta apposta al centro dell’incrocio, col vessillo del comune di Induno Olona – . Questa delibera è attesa. Serve perché solo grazie a questa decisione si potrà sapere se le terre potranno venir portate a Viggiù e ad Arcisate, e quindi quando la ditta appaltatrice potrà riprendere i lavori, e quando questi potranno avere fine».
Per sbloccare la situazione, solo qualche giorno fa, Cavallin ha preso carta e penna per scrivere una lettera aperta a Renzi. Obiettivo: esprimere la rabbia e il disappunto per come si sta gestendo la partita della ferrovia, i cui lavori, da parte svizzera, sono già stati realizzati.
«Basta, non ce la facciamo più – ha continuato Cavallin, guadagnandosi diversi applausi – . Se nessuno ci ascolterà, se non avremo risposte, torneremo a farci sentire, magari presso le istituzioni: per questo chiedo ai sindaci presenti di continuare ad appoggiare questa iniziativa che oggi è un venticello, e domani potrà essere qualcosa di ben più forte. Non ci abbasseremo mai alla violenza, beninteso: sarà una protesta decisa, ma democratica».
Una manifestazione che il sindaco ha auspicato rimanga di natura strettamente territoriale e lontana dalle segreterie di partito: per questo è stato chiesto di ammainare le bandire di Forza Italia sventolate da alcuni attivisti.
Al termine del presidio, che si è tenuto all’altezza del vecchio passaggio a livello fra le vie Porro e Jamoretti, è stato esposto uno striscione attaccato alla rete del cantiere del nuovo collegamento ferroviario: “La ferrovia ha messo in ginocchio il paese, basta ritardi, vogliamo decisioni” è lo slogan scelto, e sottoscritto da una stretta di mano fra i sindaci presenti. L’unico sindaco non in fascia tricolore era Gunnar Vincenzi, cui è stata data la parola per l’intervento pubblico dallo stesso pulpito del sindaco: “Sono qui a doppio titolo, di sindaco e di presidente della Provincia, avrei dovuto metterne due di fasce, alla fine non ne ho messa nessuna. Sono qui a dare una mano al territorio perché questo cantiere è una schifezza, una vergogna per l’Italia intera. E andrò a Roma a dirlo».
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