Nelle gallerie dell’Ottocento, costruendo la ferrovia Alptransit
La Svizzera sta adattando la storica linea del Gottardo per accogliere treni merci più grandi e togliere camion dalle strade nel cuore delle Alpi: centinaia di interventi piccoli e grandi, integrati con il nuovo supertunnel, per usare al meglio anche le opere esistenti
La ferrovia del futuro avanza due metri e mezzo alla volta, sulla lunga via tra Rotterdam e Genova. Dentro alla galleria Crocetto, nei dintorni di Biasca, gli operai lavorano per rinnovare una galleria ferroviaria costruita centoquaranta anni fa, nel 1874: siamo nel cantiere della più grande opera d’Europa, il lungo asse ferroviario destinato a unire il Mare del Nord e il Mediterraneo, più di 1100 chilometri di binari attraverso tutto il vecchio continente. È un’opera gigantesca, che vede al lavoro migliaia di persone nel continente: un chilometro di questa lunga via ferrata è oggi nelle mani di Francesco Ielapi, responsabile del cantiere delle Ferrovie Federali Svizzere che tocca le gallerie Crocetto e Giustizia: «Da giugno lavoriamo per abbassare il livello delle galleria in corrispondenza di questo binario», dice indicando lo spazio oggi percorso non dai treni, ma da perforatrici e scavatori. «Finiremo a maggio 2015 su questo binario, da novembre rifaremo l’altro binario» (quello su cui oggi viaggiano i treni).
Ma perchè si deve abbassare il livello dei binari? Tanto è gigantesco il lavoro, quanto semplice è la risposta: le gallerie costruite nell’Ottocento sono troppo basse per far viaggiare i rimorchi dei camion caricati su carri ferroviari. L’obbiettivo è aumentare lo spazio fino ad un’altezza di carico di 4 metri: C4M – Corridoio 4 Metri – è la sigla dell’operazione. La Svizzera sta costruendo da anni (e completerà nel 2017) la galleria di base del San Gottardo, fulcro del sistema Alptransit, un incredibile tunnel di 57 km che attraversa le montagne stando più o meno sempre alla stessa quota, nel cuore della montagna: una soluzione che consente di risparmiare energia (si sale meno), di aumentare la velocità e soprattutto la capacità di trasporto dei treni. Ma a monte e a valle del supertunnel rimangono le vecchie linee ferroviarie: «È come se noi stessimo completando un’autostrada, ma per arrivarci bisogna percorrere una mulattiera», era l’immagine usata un qualche anno fa, anche per sollecitare più attenzione da parte dell’Italia al suo versante di accesso. Ora però l’opera di adattamento delle linee – sarà interessata anche l’Italia – viaggia a pieno regime: «Le linee del Lotschberg e del Sempione sono già state adattate al corridorio 4 metri, mentre sulle linee di accesso al Gottardo è ancora limitata a 3,8 metri» sintetizza Daniel Salzmann, capoprogetto del C4M (nella foto a destra). «Le gallerie Alptransit sarebbero una cattedrale nel deserto, se non si adattassero le linee per far viaggiare treni più lunghi e più pesanti» dice Alessandro Fattorini, della direzione infrastrutture dell’Ufficio Federale dei Trasporti, che sovraintende tutta la tratta a sud del Gottardo. Il programma di rinnovo è più che mai ambizioso e va avanti con tappe definite, obbiettivo finale il 2020: nel 2017-2018 è previsto anche il rinnovo della linea di accesso da Luino-Laveno, lato Italia, che la Confederazione Elvetica finanzierà con 280 milioni di franchi, sui 990 milioni complessivamente stanziati. «Non è un assegno in bianco, abbiamo sottoscritto a Genova una convenzione con RFI che prevede garanzie sui lavori previsti», spiega ancora Fattorini.
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La scorsa settimana le Ferrovie Federali hanno tenuto una cerimonia per presentare il restaurato monumento "alle vittime del lavoro" dello scultore ticinese Vincenzo Vela, omaggio agli operai che costruirono il Gottardo, scavando terra e scolpendo migliaia di pietre di ponti e gallerie (nella foto a sinistra, con i segni di riferimento del cantiere). Molti degli operai che lavorarono per dieci anni all’opera erano italiani, quasi cinquemila in totale. Hanno origini italiane – da Girifaldo, Catanzaro – anche i genitori di Francesco Ielapi (cittadino svizzero e dipendente FFS), capoprogetto del cantiere delle gallerie Crocetto e Giustizia, che abbiamo visitato vicino a Biasca: «Nelle gallerie abbassiamo il livello del piano di 1,5 metri, effettuando delle sottomurazioni» spiega Ielapi (nella foto). Ci racconta come il cantiere avanza due metri e mezzo lineari alla volta: la perforatrice rompe i muri realizzati nell’Ottocento su una sezione di questa lunghezza, fino ad un’altezza di circa due metri, sotto alla volta curva della galleria, che deve (ovviamente) restare integra: finiti due tratti da due metri e mezzo l’uno e ricostruiti i muri laterali in cemento, si interviene sui due metri e mezzo intermedi che nel frattempo hanno garantito solidità alla galleria. Una volta abbassato di 1,5 metri tutto il fondo del tunnel, si poseranno asfalto e massicciata in sassi. «Alla fine guadagnamo 70-80 centrimetri»: sembrano pochi, ma sono quelli che garantiscono il "corridoio 4 metri".
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Il cantiere delle gallerie Crocetto e Giustizia si estende per 900 metri: durante i lavori il traffico ferroviario viene garantito su una tratta di un solo binario, circa tre chilometri in totale. Di tanto in tanto si avverte un segnale acustico che anticipa il convoglio, poi una sirena suona appena prima del passaggio, per avvertire gli operai (c’è comunque una rete, a dividere nettamente il cantiere dalla linea ferroviaria in esercizio). Il passaggio sul tratto a binario unico (il resto della linea è doppio) «è controllato dalla centrale di esercizio di Pollegio» spiega Stefano Ardò, responsabile dello sviluppo della rete FFS. L’intero cantiere, fino al 2020, è minuziosamente organizzato per ridurre al minimo l’impatto sulla linea in esercizio, uno degli assi più importanti dell’intera Europa, come ricorda Peter Jedelhauser, che sovraintende ai lavori sull’intera lunga tratta tra Svizzera centrale e Ticino.
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Questa gigantesca e costosissima opera, tra Alptransit e corridoio 4 metri, è figlia di un progetto di lungo termine, nato negli anni Novanta e che arriverà a compimento nel 2020: una decisione strategica condivisa democraticamente con la consultazione del popolo, ricordano sempre i vertici di FFS e Confederazione. «È del 1994 la Iniziativa delle Alpi: non è un indirizzo del momento, ma un preciso mandato ricevuto dal popolo» dice ancora Fattorini. Verranno così tolti dalle autostrade, dal 2020, oltre 200mila mezzi pesanti in meno che smetteranno di emettere gas nocivi nel cuore delle Alpi: l’opera è finanziata dalle tasse sui carburanti, con una scelta strategica chiara per sostituire progressivamente ai mezzi su gomma il trasporto su ferro. Al di là della galleria di base del San Gottardo (il supertunnel che è divenuto sinonimo di Alptransit, parte per per il tutto), il solo "corridoio 4 metri" richiederà un miliardo di franchi, da impiegare per moltissimi interventi: significa adattare decine di opere, dalle gallerie da "abbassare" ai segnali luminosi da spostare, dai nuovi tunnel (come quello del Bozberg) alle pensiline delle stazioni da alzare magari solo di una manciata di centimetri per assicurare il nuovo standard di "sagoma limite" (le dimensioni massime, in larghezza e altezza, dei vagoni ferroviari). Si potrebbe dire che è questa è la via elvetica alla ferrovia moderna, alta capacità più che alta velocità: portare nel terzo millennio le ferrovie dell’Ottocento, con un lavoro che sa essere anche minuto, puntuale. Persino dal punto di vista estetico, a volte: le pietre dentro alla gallerie vengono sostituite dal cemento, ma i tecnici al lavoro cercheranno sempre di «mantenere i portali delle gallerie», simbolo della ferrovia che nell’Ottocento che seguiva i profili delle valli, accarezzava le pendenze, s’inseriva nel paesaggio modellato nei secoli dall’uomo (ma anche l’autostrada costruita un secolo dopo, a suo modo, fa del cemento elemento pregevole). In questo l’Alptransit, nella sua modernità, pare quasi l’opposto dall’Alta Velocità all’italiana, che spesso s’inserisce pesantemente nel paesaggio, ignorante di quanto c’era prima, figlia di tutt’altra concezione.
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