Rosati, Montemurro e la loro parabola nel Varese
Arrivati nell'estate 2008, i due dirigenti hanno guidato la società a due promozioni e due playoff di Serie B. Il ko con la Samp ha avviato la discesa, passata per le elezioni regionali e per l'addio - in tempi diversi - al club
Origini in Campania, nascita in Liguria (a Santa Margherita), residenza e attività a Milano e dintorni. La parabola di Antonio Rosati ha toccato Varese nel 2008 (foto a lato, il primo incontro ufficiale con il sindaco Fontana), anno in cui la famiglia Sogliano – che l’aveva rifondata – gli ha ceduto la squadra di calcio cittadina, la Associazione Sportiva Varese 1910. Prima di vestirsi di biancorosso Rosati era entrato nel mondo del pallone a Vercelli, per un breve periodo, e poi si era accostato allo Spezia ma l’acquisto dei bianchi di Liguria non andò a buon fine (di mezzo c’era anche l’Inter).
Rosati divenne presidente nell’estate 2008 con la squadra in C2 e portò con sé a Varese Enzo Montemurro, amico di vecchia data e socio in affari, che assunse la carica di amministratore delegato. La prima stagione fu incredibile: all’inferno dopo poche giornate (ultimo in classifica, sconfitta nel derby a Como il giorno dopo il Mondiale di ciclismo nostrano), il Varese passò dalla conduzione tecnica di Carmignani per passare a Beppe Sannino, cavallo di ritorno a Masnago. Con il tecnico di Ottaviano la squadra cominciò una rimonta clamorosa culminata con l’arrivo in vetta e la promozione diretta in Serie C1 (2-1 in casa al Montichiari).
Nel 2009-2010 il Varese festeggia il secolo di vita e lo fa ancora in modo strepitoso sul campo: la squadra di Sannino chiude alle spalle del solo Novara la stagione regolare, poi elimina il Benevento nella semifinale playoff e infine riconquista la Serie B ai danni della Cremonese (1-0 grigiorosso allo "Zini", 2-0 firmato Buzzegoli al "Franco Ossola") a 25 anni dall’ultima volta.
In B il Varese è matricola terribile e nei primi due anni arriva ai playoff: prima si ferma contro il Padova di El Shaarawy in semifinale ancora con Sannino, poi – con Maran che subentra a Carbone – giunge sino alla soglia della Serie A eliminando il Verona. La finalissima persa con la Samp è il punto più alto ma pure l’inizio della discesa che prosegue con la delusione politica delle Regionali 2013: Rosati si candida con la lista collegata a Maroni, riempie la Città Giardino di manifesti (anche abusivi) ed eventi di propaganda, ottiene parecchi voti ma non riesce ad entrare al Pirellone.
Nell’estate 2013 quindi, dice basta, lascia Varese ma va in Serie A con il Genoa: con una mossa a sorpresa che lascia parecchi dubbi nelle due tifoserie Rosati diventa vicepresidente dei rossoblu a fianco di Enrico Preziosi con il quale l’amore non sboccerà mai. La società biancorossa passa dunque a Nicola Laurenza, il giovane imprenditore con base a Gallarate che con la sua "Oro in Euro" è sponsor da quando il Varese è in Serie B. La trattativa è rapida, forse troppo: Laurenza si accorge in ritardo che la gestione Rosati ha lasciato in dote più debiti del previsto e una (successiva) visita approfondita della Guardia di Finanza.
(Nella terza foto: Rosati e Montemurro con l’allenatore Benny Carbone in precampionato)
Con Rosati a Genova, a Varese rimane invece Enzo Montemurro e forse è proprio qui che le strade dei due si separano non solo a livello calcistico ma anche personale. L’amministratore delegato ("atipico", è la sua definizione quando deve difendersi per spiegare i debiti del club) resta in sella sino al termine della scorsa stagione, in cui il Varese si salva con i playout ai danni del Novara. Nel frattempo Rosati prova ad acquistare il Bari all’asta, ma la società pugliese finisce alla cordata guidata dall’ex arbitro Paparesta. E per spiegare la sua versione sui debiti del Varese parla a luglio 2014 in una conferenza stampa nel suo quartier generale di Cinisello Balsamo da dove tende una mano, non ricambiata, a Laurenza.
Ora la stangata – con arresto – per una serie di evasioni legate al mondo delle cooperative di facchinaggio: Rosati e Montemurro si ritrovano, ma a far da comune denominatore non c’è più il calcio.
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