Ubi Banca dimagrisce ancora e chiude 114 filiali
Il gruppo bancario ridefinisce il proprio assetto distributivo, il piano prevede la chiusura di 55 filiali e 59 minisportelli, coinvolti 1.200 lavoratori su un totale di 18mila. In provincia di Varese "sacrificata" la filiale di Cuvio
Riorganizzazione all’interno del gruppo Ubi Banca che ridefinisce il proprio assetto distributivo chiudendo 114 punti operativi, ovvero 55 filiali e 59 minisportelli (piccole filiali senza una propria autonomia), mentre altre 54 filiali saranno riqualificate a minisportello e 2 minisportelli a filiali. La provincia di Varese non viene particolarmente toccata da questa riorganizzazione: unica "sacrificata" sarà la filiale di Cuvio della Banca Popolare di Bergamo che sul territorio conta 94 filiali, 6 minisportelli per un totale di 886 dipendenti.
I 1.277 lavoratori coinvolti nell’operazione (il gruppo ha 18.337 addetti), di cui 700 provenienti dalla precedente ristrutturazione, saranno accompagnati alla pensione, nei casi in cui sarà possibile, o riqualificati.
Anche se non si parla espressamente di piano industriale – espressione che evidentemente non piace ai vertici di Ubi Banca – il riassetto annunciato dal quarto gruppo bancario italiano rientra in una serie di riorganizzazioni in atto dal 2007, «in coerenza con la sempre più forte accelerazione dell’utilizzo della multicanalità», che hanno portato a una riduzione del 12,4% delle filiali (attualmente sono 1.725) e a una contrazione del personale del 15,5%.
C’è un cambiamento in atto da alcuni anni: il classico cliente che va in banca per fare operazioni di routine lascia il posto al "cliente 3.0" che, grazie a computer, tablet e smartphone, si porta la banca a casa, standosene comodamente seduto in poltrona. Un fenomeno in continuo aumento considerato che i clienti on line del gruppo sono cresciuti del 190% in 7 anni, passando dai 421mila del 2007 al milione e 222mila del 2013.
Nell’ultimo incontro con i soci della Popolare di Bergamo della provincia di Varese, i vertici del gruppo hanno accennato anche a questo aspetto, sottolineando che se è vero che la banca non si fa solo con le macchine, è altrettanto vero che il suo ruolo non puo’ cristalizzarsi ma deve adeguarsi, rimodulandosi su un servizio di consulenza ad alto valore aggiunto. Ma ad oggi meno del 50% del totale dei dipendenti fornisce servizi commerciali e di consulenza alla clientela.
«Quantità o qualità?» si chiedeva in quella sede il consigliere delegato Victor Massiah.
Una domanda tutt’altro che retorica, perché se da una parte evidenzia la crisi di un modello di banca diventato obsoleto, dall’altra sottolinea la ricerca di un nuovo posizionamento partendo da un’offerta diversa. Da 6 anni a questa parte Ubi Banca cerca la risposta in una cura dimagrante che però prima o poi dovrà finire. Comunque, l’ago della bilancia dice che i costi strutturali sono stati ridotti di 457 milioni di euro (-17,6% di oneri operativi dal 2007 al 2013), a cui si deve aggiungere un’ulteriore riduzione di 15 milioni annui che andranno a regime a partire dal 2015, per effetto dell’ultimo accordo sindacale, risalente al marzo scorso.
Un’intesa tra le parti sul nuovo riassetto dovrebbe essere raggiunta entro la fine dell’anno, mentre l’operatività entro il primo semestre del 2015.
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