Giornalismo e social: le carte deontologiche più attuali che mai
Carlo Bartoli e Gabriele Dossena presidenti degli Ordini dei giornalisti della Toscana e della Lombardia fanno il punto sui principi
No, le carte deontologiche dei giornalisti non sono desuete, anzi: costituiscono lo strumento attuale come non mai per affrontare il giornalismo ai tempi dei social.
Come sostiene il presidente dell’Ordine dei giornalisti della Toscana Carlo Bartoli, che ha partecipato assieme al collega Llombardo Gabriele Dossena nel corso di un panel tecnico di Glocal, “in questi anni abbiamo assistito ala fine del monopolio della carta e delle notizie da parte dei giornalisti: è finita l’epoca dei vescovi e dei cardinali che dettano l’omelìa ai fedeli” nel rito civile – per dirlo con Hegel – di ogni mattina: la lettura die giornali. “Con internet e i social abbiamo assistito ad un cambiamento salutare e per orientarsi sul comportamento da tenere, le carte deontologiche non vanno lette come elenco dei divieti, bensì un concentrato di valori: la cosa bella è questa. riscoprire dopo vent’anni che fai un lavoro e che è bello farlo, riscoprendo i glori. C’ solo una carta, quella di Roma sui diritti dei migranti, che è un po’ mortificante per il giornalista: è un glossario che ammette l’ignoranza dei giornalisti nel campo dell’immigrazione. I giornalisti devono riappropriarsi dei termini”.
Gabriele Dossena: condivide la necessità della formazione, “e punto molto ad insistere sulle carte deontologiche, l’ultima delle quali nata a Milano, sul diritto dei carcerati. Queste carte sono fondamentali per lavorare: il giornalista deve sapere che può fare molto male se sbaglia, soprattutto nei contesti social. Cosa serve dunque per orientarsi? I principi, per esempio quello della verità sostanziale dei fatti. Se vengono meno i principi cade il rapporto di fiducia col lettore e questo problema viene moltiplicato ai tempi dei social”.
I principi, quindi, sono quell’ingrediente intramontabile anche nell’epoca dei tweet e di Facebook. “Sul web, tra l’altro vi è un fenomeno importante che mette fuori gioco i comportamenti negativi – dice Bartoli – . A volte questo non accade e allora in questo serve un ordine che deve intervenire: vale per le notizie sui minori, vale per le notizie che riguardano i suicidi. La strada da seguire è quella dei “comportamenti positivi”. “Se noi, in nome delle spettacolarizzazione abbassiamo il livello di attenzione e non controlliamo le fonti, trasformiamo e distruggiamo questo lavoro, che è il più bello del mondo”, ha affermato Dossena in una delle ultime battute dell’incontro, dove si è parlato anche dell’ipotesi di dotare i giornalisti di una sorta di “decalogo” da adottare sul web e in particolare sui social.
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