Apprendistato a confronto. Ecco perché il modello svizzero è più efficace
Un incontro a Malpensafiere illustra pregi, vantaggi e opportunità dell'alternanza scuola lavoro elvetica. Un modello basato sulla responsabilità civica e sul valore della formazione
Basta un confronto per marcare l’abissale distacco tra noi e la Svizzera. Un paragone per farci sentire una repubblica delle banane. È quello che si ha raffrontando i livelli di disoccupazione giovanile, quella compresa tra i 15 e i 24 anni d’età, tra la Confederazione elvetica (3,4%) e l’Italia (44%). Un convegno a Malpensafiera ha approfondito una delle cause di questa vertiginosa distanza tra i due sistemi, il diverso approccio all’apprendistato, primo vero ingresso nel mondo del lavoro, e ha presentato a una platea di consulenti del lavoro e di imprenditori una possibile soluzione: il progetto Apris.
Un progetto interregionale nato per sviluppare “un modello unico e innovativo di supporto alla gestione della formazione in impresa” che vede tra i principali partners la Province di Como, Varese e Novara, fondazione Enaip, alcune agenzie di consulenza, la Scuola professionale per la Svizzera italiana, il Dipartimento per la cultura e lo sport del Canton Ticino e l’università Cattolica.
L’idea è quella di lavorare su diversi fattori, mutuandoli dall’esperienza svizzera, in cui il sistema duale di alternanza scuola-lavoro non solo funziona, ma è diventato un punto di riferimento. L’obbiettivo è quello di “importare” il modello dedicato ai formatori e di copiare, in questo caso a fin di bene, alcune pratiche per fornire il miglior supporto possibile a quelle aziende che decidono di assumere un apprendista.
Un punto quest’ultimo molto discusso dagli imprenditori italiani, che in buona parte percepiscono l’apprendistato (pur con tutti i vantaggi in termini contributivi) un peso, proprio a causa della necessità di dover dividere il proprio apprendista, spesso alle prime armi e con una preparazione scolastica mediocre, tra l’azienda e il banco di scuola. Basti pensare che da oltre 600mila contratti di apprendistato di qualche anno fa, siamo passati oggi a circa 240mila contratti.
Ma quello che da noi è percepito come un peso, gli svizzeri l’hanno trasformato in un diritto e in un dovere civico. Secondo Vittorio Silacci, che lavora presso il dipartimento dell’Educazione della cultura e dello sport del Canton Ticino, oltre a essere un obbligo, formare un buon lavoratore equivale a formare un buon cittadino. Inoltre, secondo i dati forniti da Silacci, per l’impresa la resa economica dell’apprendista, nel corso di quattro anni, aumenta costantemente. Questo perché il giovane (già a 13 anni) entra in aziende dotate delle ultime tecnologie e ha il tempo di coltivare una mentalità innovativa.
«In Svizzera – continua Silacci – le aziende hanno un centro di formazione e un tutor preparato in pedagogia e didattica». Eppure solo un quinto sul totale può garantire contratti di apprendistato. Come a dire, solo le eccellenze. Risultato? Il 67% dei giovani svizzeri sceglie un percorso formativo “professionale”invece di uno “liceale”. Esattamente il contrario di ciò che avviene da noi e lì il tasso di disoccupazione giovanile è fermo al 3,4%.
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