“Il pronto soccorso è al collasso e nessuno trova una soluzione”
Ormai è un mese che il pronto soccorso di Varese è in sofferenza. Il personale fa i miracoli ma le condizioni sono al limite. Il sindacalista della Fials: "L'azienda sembra rassegnata"
All’indomani della domenica di passione, al pronto soccorso di Varese la situazione, questa mattina lunedì 2 febbraio, è tornata alla normalità. I pazienti in attesa di un ricovero erano ancora qualche decina ma il clima era più tranquillo.
In 36 ore, però, dalle 12 di sabato fino a ieri sera, l’incessante arrivo di persone con patologie più o meno gravi ha costretto gli operatori a lavorare in condizioni critiche: nel tardo pomeriggio le persone sistemate in barella erano 52, scese poi a 40 attorno alle 21 quando però la lista di attesa prevedeva ancora 77 utenti da visitare e valutare.
È da un mese che questo reparto sta gestendo vere e proprie emergenze, complice un’influenza che pare dover ancora arrivare al picco: « Siamo al collasso – commenta Francesco Tucci, delegato Fials – Nonostante i tentativi, non si riesce a trovare una soluzione vera. Ci sono tentativi ma mai risolutivi. Sembra quasi che la dirigenza sia rassegnata: si attende che passi il momento critico. Le condizioni di lavoro per chi sta in pronto soccorso sono stressanti».
Un plauso al personale arriva anche da Aurelio Filippini, presidente del collegio infermieristico di Varese: « Li vedo gestire ogni situazione con grande serietà e professionalità. Stanno tenendo in piedi il sistema. Tutto l’ospedale è coinvolto in questa emergenza: il pronto soccorso è la porta d’ingresso ma poi i pazienti salgono in reparto e anche qui c’è una tale complessità da gestire che solo persone altamente qualificate e responsabili riescono ad affrontare. Spero che tutto ciò verrà tenuto nella giusta considerazione».
In attesa di riconoscimenti che potranno arrivare, l’urgenza primaria è quella di trovare una soluzione : «In questo momento non ci sono tavoli di confronto aperti. Sono programmate le elezioni per rinnovare i rappresentanti sindacali e quindi è tutto fermo. Inoltre si attende di vedere cosa dirà la riforma sanitaria, come organizzerà il territorio. Occorre chiarire cosa sarà l’ospedale di Varese e quale sistema avrà attorno. Non si può abbandonarlo a gestire da solo un bacino di utenza così vasto. L’assessore Mantiovani ha dichiarato che l’ospedale di Cuasso non verrà chiuso finchè ci sarà lui: bene, allora lo si potenzi, diventi davvero un presidio di supporto, gli si restituisca funzionalità».
Insomma, il problema è sempre e solo dei posti letto: a Varese, Cuasso o altrove, l’imperativo è potenziare l’offerta sanitaria ormai eccessivamente povera.
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