Il “boom” dell’industria cotoniera a cavallo del ‘900
Continua il racconto della storia dell'industria cotoniera della Valle Olona con una nuova puntata dedicata alla grande espansione seguita al 1976.
Continua il racconto della storia dell’industria cotoniera della Valle Olona con una nuova puntata dedicata al boom della fine dell’800. Potete consultare tutti i capitoli di questa storia cliccando qui.
Il 1876 segnò un avvenimento fondamentale, ossia l’avvento al governo della sinistra storica che coincise con un drastico capovolgimento della politica economica adottata dal Regno d’Italia. Gli statisti della sinistra storica infatti optarono per una politica doganale di stampo marcatamente protezionista, anche su pressione degli imprenditori cotonieri, i quali non erano soddisfatti della precedente apertura dei mercati e chiedevano a gran voce l’applicazione di nuovi dazi doganali.
I primi provvedimenti legislativi in tal senso vennero ratificati già a partire dagli anni 1877-1878, ma è nel 1887 che si incrementarono ulteriormente i dazi sui manufatti tessili provenienti dall’estero: l’aliquota infatti passò dal 9 al 37 per cento, mentre venne tolto qualsiasi vincolo sull’importazione del cotone greggio, la cui quantità importata in Italia salì da 186000 quintali nel 1875 a 473000 nel 1880, 768000 nel 1885 e ben 1100000 nel 1890.
Grazie alle nuove politiche della sinistra storica, l’industria cotoniera conobbe una nuova fase espansiva. Per quanto riguarda la localizzazione e la distribuzione geografica delle fabbriche, nacquero in questi anni nuovi opifici cotonieri di filatura, tessitura e tintoria (nel 1891 se ne potevano trovare ben 129 rispetto ai 71 del 1872), pressoché in tutti i centri urbani della Valle: Busto Arsizio incrementò il numero delle sue fabbriche da 14 nel 1872 a 53 nel 1891, Legnano da 10 a 16, Castellanza da 2 a 5. Nuove manifatture sorsero anche in cittadine minori quali Arconate, Magnago, Gorla Minore, Orago e Oggiona, molte altre si ristrutturarono e sempre più operai trovarono lavoro in questa industria (10175 nel 1891 e 12542 nel 1896, contro i 6297 del 1872).
Oltre alla concentrazione nelle aree canoniche, ossia Busto Arsizio, Legnano e Gallarate, nelle quali si può riscontrare un deciso aumento degli stabilimenti in questo periodo, le industrie tessili si diffusero anche in alcune cittadine che nelle prime decadi dell’Ottocento non registravano attività di lavorazione cotoniera: Cardano al Campo, Castano Primo, Cavaria e Marnate dal 1902; Besnate, Cajello (frazione di Gallarate), Cassano Magnago, Golasecca e Solbiate Arno dal 1911. Un ulteriore aspetto da tenere in considerazione è senza dubbio alcuno la presenza di filature anche a Busto Arsizio e Olgiate Olona, città tradizionalmente legate alla tessitura per l’assenza di corsi d’acqua al proprio interno.
Il periodo a cavallo tra i due secoli segnò l’inizio della cosiddetta “rivoluzione industriale dell’età giolittiana”. Nell’intera area della Valle Olona (ma più in generale in tutta la Lombardia), il processo di industrializzazione subì una spinta irreversibile verso l’accentramento delle unità produttive, l’aumento del numero di tessitori per opificio e la meccanizzazione e la modernizzazione degli impianti cotonieri, processo già iniziato nei primi anni del XIX secolo e che all’alba del Novecento si sarebbe completato in modo definitivo. La crescita dell’industria tessile nei primi anni del Ventesimo secolo fu favorita anche dall’ingente disponibilità di energia elettrica prodotta dagli impianti di Vizzola Ticino, che permise di ampliare e modernizzare gli opifici cotonieri. Il numero di lavoratori impegnati nell’industria tessile crebbe da 10175 nel 1891 a 17483 nel 1902 e addirittura a 43504 alla vigilia del primo conflitto mondiale (1911); parallelamente, il numero di stabilimenti tessili in Valle Olona rimase costante dal 1891 al 1911 (129).
Il dato che nondimeno rappresenta in maniera più efficace la tendenza alla concentrazione delle attività produttive e della forza-lavoro nelle fabbriche è la media di tessitori per opificio: mentre nel 1891 quest’ultima era di circa 79 operai per opificio, nel 1902 passò a 135 per poi arrivare a 337 lavoratori per fabbrica del 1911, anno in cui in Valle Olona si registrarono ben 23 ditte tessili con più di 150 operai, tra cui 10 fabbriche con più di 300 lavoratori, nonostante nel 1907 il cotonificio avesse attraversato una fase di crisi. La proto-industria dei secoli passati stava abbandonando la scena in favore del sistema manifatturiero moderno. Anche la media di telai per opificio (per quanto riguarda la tessitura) aumentò, passando da 89 nel 1891 a 125 nel 1902.
In tutti gli opifici della Valle Olona si diffusero sempre più i telai meccanici per la tessitura del cotone, i quali raggiunsero la rimarchevole cifra di 14318 nel 1902, contro i 5130 del 1891.
Negli anni a cavallo dei secoli XIX e XX si svilupparono e si potenziarono altresì nuove forme di lavorazione del cotone, quali la tintoria, con un’estensione cromatica dei tessuti, il candeggio, il ricamificio e la stamperia, in particolar modo nei centri urbani di Busto Arsizio, Castellanza, Legnano, Gallarate, Solbiate Olona e Somma Lombardo.
Alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, l’industria cotoniera risultava quindi diffusa in tutti i centri urbani della Valle Olona, anche se con una concentrazione maggiore a Busto Arsizio, Legnano e Gallarate. Si andava inesorabilmente sostituendo il putting out system basato sul lavoro a domicilio con un sistema fondato sull’accentramento dei processi produttivi e della manodopera nei moderni capannoni industriali, all’interno dei quali i vecchi telai a mano vennero ormai sostituiti da nuovi macchinari tecnologicamente all’avanguardia e che garantivano una resa produttiva alquanto superiore.
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