Taglio degli stipendi, protestano i lavoratori nel Ticino

Questa mattina riunione di 50 dipendenti della Micromacinazione, azienda chimica contro la decisione di decurtare lo stipendio del 10% ai frontalieri e aumentare le ore di lavoro. La situazione denunciata dal sindacato

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Via dalla busta paga il 10% dello stipendio ai frontalieri, e il 5% ai ticinesi; aumento delle ore di lavoro, da 42 a 45 la settimana; taglio di due giorni di ferie l’anno, che passano da 22 a 20.
Sono queste le condizioni che l’azienda chimica Micromacinazione ha comunicato ieri ai 114 dipendenti dello stabilimento di Molinazzo di Monteggio, poco distante dal confine di Stato di Cremenaga, nel Luinese.

L’80% dei dipendenti sono frontalieri e già nel mese di gennaio i vertici dell’azienda avevano fatto sapere che qualcosa sarebbe cambiato nei rapporti di lavoro, soprattutto a fronte della decisione della banca centrale Svizzera di svincolare la quotazione del franco dalla soglia di 1,20 sull’euro.

E i primi risultati sono arrivati proprio nei giorni scorsi, quando le maestranze sono state raggiunte da contatti individuali con l’azienda.
Oggi la decisione di protestare contro questa scelta: questa mattina, 17 febbraio, una cinquantina di dipendenti si sono fermati e hanno avvisato la stampa della situazione.
Uno striscione del sindacato OcstOrganizzazione Cristiano Sociale ticinese recitava: "Si al dialogo, no ai ricatti" (nella foto sotto).
«L’azienda produce componenti chimici per l’industria farmaceutica e fa parte di un grande gruppo industriale che non è in crisi, tutt’altro, sta andando molto bene – spiega Alberto Trevisan, sindacalista della Ocst – . Tuttavia eravamo stati contattati dalla rappresentanza sindacale interna che ci ha avevrtiti dell’intenzione della proprietà di intervenire su stipendi e ore di lavoro. Abbiamo quindi proposto di gestire la questione a livello collettivo, propnendo una riunione pèer lunedì prossimo. Nel frattempo abbiamo appreso che l’azienda sta procedendo con colloqui individuali coi dipendenti: una pratica che non riteniamo corretta a fronte degli accordi presi».
Che succederà ora? «Abbiamo spedito all’azienda una nota con la quale chiediamo di dare seguito a quanto accordato e di aprire ad una discussione collettiva assieme ai lavoratori», conclude il sindacalista.

Il clima fra i lavoratori ticinesi e soprattutto fra i fontalieri si sta scaldando a fronte della scelta di alcune aziende di tutelarsi dal costo del lavoro diventato sfavorevole dalla manovra monetaria di gennaio.
Una fotografia del mercato del lavoro a tinte sbiadite e che è al centro di una nota del Partito Socialista ticinese che ha denunciato la situazione: "In questi tre anni e mezzo le aziende hanno goduto di un tasso di cambio favorevole garantito dallo Stato, perciò da tutti noi – si legge nel comunicato dei Socialisti – . Il senso di responsabilità avrebbe dovuto indurle a prepararsi all’uscita da questa condizione di favore, perché era ovvio che non sarebbe durata in eterno. Avrebbero dovuto approfittare di questo privilegio offerto dalla collettività per studiare nuove politiche industriali, per migliorare processi e prodotti, per cercare nuovi mercati. Ma l’hanno fatto? Per niente. E ora che siamo tornati al cambio libero ci troviamo ai piedi della scala. Con il solito capro espiatorio: chi lavora".

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Redazione VareseNews
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Pubblicato il 17 Febbraio 2015
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