Testimone chiave del caso Uva finisce a processo
E’ l’uomo che ha raccontato della presunta relazione tra Uva e la moglie di un carabiniere. Potrebbe essere dichiarato incapace di intendere e di volere
Un importante testimone del processo Uva si trova a processo, a Varese, per un caso di falsificazione di stato anagrafico, ma la sua posizione in giudizio potrebbe presto cambiare. A quanto pare il ragazzo non è in buone condizioni. Il tribunale ha infatti disposto una perizia su di lui, perché potrebbe essere dichiarato incapace di intendere e di volere. Si tratta di Stefano Pavanetto, un ragazzo di 40 anni, amico di Giuseppe Uva e di Alberto Biggiogero. Perchè il suo ruolo nella vicenda Uva è importante? La posizione dell’uomo, nel processo che vede 8 agenti di polizia e carabinieri accusati di omicidio preterintenzionale per la morte di Giuseppe Uva nel 2008, è stata evocata nelle scorse udienze da Alberto Biggiogero.
Biggiogero (foto) ha infatti raccontato che fu proprio Pavanetto a riferirgli che Uva aveva avuto una relazione sentimentale con la moglie di un carabiniere. Lo stesso Biggiogero tuttavia ha dovuto ammettere che si trattava solo di una voce di seconda mano, anche se quest’informazione, per anni, è stata riferita nelle inchieste televisive come vera, addirittura spesso indicata come il movente che avrebbe portato al pestaggio, per vendetta, contro il povero Giuseppe.
TROPPI DUBBI NEL RACCONTO DI BIGGIOGERO
Durante il processo è emerso che Biggiogero non poteva accertare la veridicità dell’affermazione, poichè proveniva da un suo amico, Pavanetto, il quale l’avrebbe appresa da Uva medesimo. Oggi si scopre che lo stesso Pavanetto ha una personalità segnata da problemi seri, e che nel procedimento a suo carico, in svolgimento al tribunale di Varese, il collegio giudicante ha deciso di interrompere il dibattimento per capire se l’uomo può stare in giudizio, in quanto c’è il concreto sospetto che sia totalmente incapace di intendere e di volere. Per la cronaca, il fatto per il quale l’uomo è imputato accadde nel 2003. Secondo l’accusa egli si attribuì falsamente la paternità di una bimba che, di lì a poco, sarebbe nata da una donna che oggi ha 48 anni, e che aveva conosciuto solo poco tempo prima. I genitori del Pavanetto avevano fatto denuncia temendo un raggiro e così è finita imputata anche la donna. I due rischiano fino a 15 anni di carcere.
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