Yashin, la Juve, il Varese e l’Eccellenza: la storia vincente di Marco Cavicchia
Il padre dell'ex biancorosso segnò al mitico portiere russo. Lui guida in panchina la Bustese, capolista dell'Eccellenza. «Voglio crescere da allenatore, spero in una chiamata importante»
Prima da giocatore, ora da allenatore. Marco Cavicchia – ex attaccante anche del Varese – sta portando avanti un campionato ricco di successi alla guida tecnica della Bustese. Nato a Ortona, in Abruzzo, nel 1972, ha legato la sua vita a doppio filo al nostro territorio, prima vestendo la maglia biancorossa in due riprese, poi giocando e allenando il Verbano di Besozzo.
Marco, ci racconti come è arrivato a Varese?
«A 15 anni ho lasciato la mia famiglia per andare alla Juve, dove ho giocato nelle giovanili e nella squadra Primavera, prima di vivere qualche avventura in prestito. Nel 1994 sono arrivato a Varese, dove ho vinto la Coppa Italia con Mario Belluzzo in panchina, poi sono andato a Monza e sono tornato in biancorosso per vincere con mister Roselli il campionato di C2 e rimanere per quattro anni».
Racconti a chi non lo ha vista in campo che tipo di giocatore era.
«Ero una seconda punta, facevo molto movimento per aprire gli spazi ai bomber, e a Varese ne ho avuti al mio fianco di molto forti; in pratica mi facevo picchiare dai difensori perché i miei compagni avessero più spazio per fare gol (confessa ridendo, ndr). Ho fatto la fortuna dei miei compagni di reparto, ma l’ho fatto volentieri».
Come è ora il suo rapporto con il Varese?
«Credo di aver lasciato un buon ricordo, sia nella società, sia nel cuore dei tifosi. Tutte le volte che vado al “Franco Ossola” vengo accolto con molto calore. Anche io mi emoziono sempre un po’ a tornare a Varese, dimostrazione che mi sono trovato bene»
Lei arriva da una famiglia di calciatori, giusto?
«Sì, mio padre fu un professionista e giocò anche nella Fiorentina. È morto pochi mesi fa purtroppo, ma nella sua carriera può dire di aver fatto un gol a Lev Yashin (il “Ragno Nero” russo, unico portiere ad aver mai vinto il Pallone d’Oro ndr). La cosa importante che però mi hanno insegnato i miei genitori è stato l’aspetto umano. Non è facile per un ragazzino di 15 anni lasciare casa e vivere a 700 chilometri di distanza dai suoi cari. Loro mi hanno sempre appoggiato e mi hanno insegnato a stare al mondo, questo è stato fondamentale».
Veniamo alla sua carriera da allenatore, come è nata?
«Ho giocato nel Verbano nel 2008 e terminata la stagione, il presidente Barbarito mi ha proposto di ricoprire il ruolo di calciatore e allenatore. Ho accettato, avevo 36 anni e mi si apriva questa nuova carriera, ma dopo la preparazione ho capito che era difficile far coniugare i due aspetti. Quando sei in campo ti manca la lucidità necessaria per affrontare i due ruoli. Parlando con il presidente ho quindi deciso di smettere di giocare, ma così facendo mi si è aperta questa prospettiva. Ho passato due anni con il Verbano conquistando due secondi posti di fila, poi è arrivato il ripescaggio per quanto fatto di buono negli anni precedenti. In seguito all’esperienza con i rossoneri ho fatto fatica a trovare squadra, fino alla chiamata della Bustese. Per tre anni ho salvato la squadra da subentrato e questa estate abbiamo deciso di allungare l’accordo».
Come sta andando questo campionato con la squadra di Busto Garolfo?
«Ad inizio torneo, d’accordo con la società, siamo riusciti a comporre una squadra quadrata, con tre o quattro elementi che fanno la differenza. Per ora stiamo facendo grandi cose, speriamo di continuare così. Intanto abbiamo già vinto la Coppa Italia di Eccellenza».
Quali sono pregi e difetti della sua formazione?
«Fortunatamente non abbiamo grandi difetti, visto che non abbiamo ancora perso una partita. La società ci è sempre stata vicina e abbiamo creato un buon gruppo, che si forma anche con i risultati; continuiamo a lavorare con serenità e voglia. L’unico vero difetto è non avere una rosa lunghissima, ma è un pelo nell’uovo, non posso chiedere di più. Noi nel mercato di riparazione non abbiamo rinforzato nulla».
Come giudica il campionato di Eccellenza?
«È un campionato buono, anche se da qualche anno è in calo, ma così come tutto il calcio italiano. Quattro giovani non sono pochi per il nostro girone, che è molto equilibrato».
Qual è il suo obiettivo da allenatore?
«Io nel futuro voglio continuare a fare questo mestiere. Ci sto provando e i risultati stanno arrivando, ho sempre raggiunto gli obiettivi che mi sono stati posti e, anzi, a volte siamo andati oltre le previsioni. Spero quindi che con il passare degli anni arrivi qualche telefonata importante anche per me».
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