Con il Jobs act nessun pregiudizio sull’imprenditore

Oltre 200 artigiani hanno partecipato al convegno di Confartigianato Imprese Varese. «Questa riforma aiuterà a tirare fuori occupazione da quelle imprese che possono creare lavoro»

Jobs Act

Dopo oltre due ore di convegno sul Jobs act, i tanti artigiani presenti a Malpensafiere non se ne sono andati e hanno continuato a porre domande agli esperti. Le leggi da sole non creano posti di lavoro, è vero, ma è chiaro che gli imprenditori si aspettano molto da questa riforma e i loro dubbi, tutti incentrati sulle assunzioni, più che sui licenziamenti, confermano quanto detto dal giuslavorista Emmanuele Massagli: «Questa riforma aiuterà a tirare fuori occupazione da quelle imprese che possono creare lavoro».

La ragione di tanto ottimismo, ancor prima che nei tecnicismi o nelle singole disposizioni del Jobs Act, sta in una visione più generale di questa riforma che, a differenza di quelle che l’avevano preceduta, non è incentrata sull’abuso dell’imprenditore. Un salto culturale che soprattutto i piccoli imprenditori hanno percepito come una liberazione dal pregiudizio.

«Il nostro problema non è mai stato l’articolo 18 e tantomeno il licenziamento» dice un artigiano seduto in prima fila. Semmai il vero problema è assumere, proibitivo a certe condizioni. Ora però con il contratto a tutele crescenti sarà più facile e anche conveniente visto che il Governo ha messo sul piatto un miliardo di euro per le decontribuzioni.

Nel Jobs Act non ci sono però solo luci. «Per quanto riguarda le politiche attive – spiega Massagli – non si conoscono ancora i decreti attuativi. Mentre sull’aumento dei contratti a tempo indeterminato crediamo che non andranno a favore dei giovani ma dei lavoratori più maturi».

Con il contratto a tutele crescenti, che sempre a tempo indeterminato è, l’imprenditore sa in anticipo quale rischio corre, cioè quanto deve pagare, nel caso di licenziamento del dipendente, poiché la discrezionalità del giudice è stata “blindata” dal legislatore. La Cgil contesta l’intera ratio del nuovo contratto che metterebbe il dipendente sotto ricatto soprattutto nel periodo iniziale. «Il lavoratore – sottolinea Giulio Di Martino, responsabile dell’area sindacale di Confartigianato Imprese Varese – per qualsiasi impresa è una risorsa indispensabile e quando scatta un licenziamento è sempre l’estrema ratio, ma ciò che porterà un ulteriore beneficio è la decontribuzione per tre anni che abbatte il costo del lavoro del 30%».

Nonostante se ne stia parlando molto, la sensazione, al netto del convegno, è che ci sia ancora poca consapevolezza sul nuovo contratto e sulla riforma nel suo complesso. «Assistiamo a un paradosso – conclude Alfonsina Galeone, consulente del lavoro – perché spesso i lavoratori pensano che il contratto a tutele crescenti sia un contratto diverso rispetto quello tempo indeterminato, mentre lo è a tutti gli effetti. È l’uscita semmai che cambia: ma perché un lavoratore dovrebbe uscire se le aziende hanno bisogno del capitale umano?».

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Pubblicato il 05 Marzo 2015
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