Lettera a mio nonno, che abusò di me quando ero bambina

Il racconto di una donna che per anni ha mantenuto un segreto terribile nel profondo dei suoi ricordi. Oggi chiede a Varesenews di poter raccontare la sua storia per la prima volta

immagini abusi

Lettera a mio nonno” è il titolo scelto da Chiara per raccontarci una storia terribile fatta di abusi e silenzi che le hanno rovinato la vita dopo essere passata attraverso una grande sofferenza, questa donna ha ritrovato se stessa grazie ai suoi affetti più veri.

Non tutte le vicende legate alla pedofilia finiscono in questo modo.

A volte parlarne con qualcuno risulta difficile, quasi impossibile. Crediamo sia importante pubblicare la lettera di questa donna, che decide per la prima volta di raccontare il suo dramma a tutti i lettori di Varesenews.
(ac)

Il dolore inflitto da chi dovrebbe amarti e proteggerti non si dimentica mai. Si può superare, accantonare, metterlo in un cassetto per un po’ tra le cose che non ricordi di avere, sotterrate in un cassetto.
Puoi perdonarlo e non accettare più di averlo subito, puoi tacerlo per conservare nel cuore la vergogna e il torto, oppure raccontarlo a tutti, forse per condividere il torto subito, per spiegare meglio quanto sia stato ingiusto e doloroso subirlo, quanto meschino sia stato tutto ciò che mi hai fatto.
Ma dimenticarlo, questo proprio no, non si può farlo mai perché il dolore resta li, presente. Anche a distanza di anni riesce a procurare la stessa terrificante e gelida morsa allo stomaco, la gola che si irrita e si ribella, gli occhi che si chiudono nel patetico e invano tentativo di trattenere le lacrime.

Non si dimentica, non si può dimenticare, pur se si è fatto di tutto per non ricordare. E il motore che dà la vita alla folle corsa tra i ricordi che pensavo di avere rimosso per sempre, è l’album di fotografie con al centro sempre la tua faccia, ogni tua immagine, con tutte le false espressioni di cui eri capace.
La tristezza, la rabbia, l’amore, l’odio, la vendetta e la rassegnazione sono le diverse facce del dolore.
Ti sei appropriato di me senza chiedermelo, “è solo un gioco, il nostro gioco”, mi dicevi, ”non dirlo alla mamma, tanto non ti crede”. Mi hai minacciata, picchiata e umiliata per troppi anni, solo per soddisfare quelle voglie malate che ti portavi dentro.
Ho perso la mia identità, ero piccola, ingenua e spaventata, ma ricordo come se fosse ieri il silenzio sordo dei posti bui e sconfinati dove mi portavi perché nessuno vedesse o sentisse..un silenzio smorzato solo dal rumore della cintura dei pantaloni che si slacciava, inesorabile.. dall’odore del vino e della sigaretta che mi avvolgeva.

Cos’era la femminilità a 4 anni? Non lo saprei dire, visto che non sapevo neanche cosa fosse un pelo su una gamba. Ancora non ero consapevole del fatto che per stare con un uomo occorresse essere lisce, curate e con la pelle morbida…perché la mia pelle era già morbida di tutto ciò che mi era stato rubato, di tutto ciò che avrei potuto vivere meglio, al momento giusto e con chi amavo davvero. Ricordo ogni particolare di quei momenti e ogni volta credevo e speravo che fosse l’ultimo.
Credevo di poter dimenticare tutto ma ovviamente non è stato così: ho cercato di farmi una ragione per quel che è accaduto convincendomi di volerti bene.
Ma come potevo volere bene ad un uomo a cui non era importato niente di aver invaso col suo corpo il mio? Senza scrupoli, privandomi di quella purezza che caratterizza ogni bambino.
Eppure ho dovuto credere di volerti bene per non morire, per convincere me stessa di non essere sporca.
Sono passati diversi anni accompagnati da questo calvario, tutto questo mi faceva soffrire, tanto da spingermi a non mangiare più. Alla fine divenni anoressica, con la vita appesa a un filo..
Il dolore negli occhi di chi davvero mi amava e mi vedeva consumarmi senza sapere nulla mi lancinava il cuore ancora di più di ciò che mi avesse fatto la tua violenza..
Non mangiavo più, non uscivo più, avevo il terrore di affezionarmi a chiunque per paura che scappasse.

Poi finalmente ho incontrato un ragazzo che mi ha insegnato ad amare e come essere amata.. ed ho aperto la mia vita a lui e alla mia unica e speciale famiglia, mamma, papà e mio fratello.
Ora tu sei morto e nel mio cuore c’è un grande subbuglio, un’altalena di sensazioni e sentimenti ambivalenti. Forse quando eri in vita non c’è stata la possibilità di giustizia ed anche se le cicatrici dell’anima sono incancellabili, la tua morte diventa per me una rinascita.

di
Pubblicato il 02 Marzo 2015
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