Le banche svizzere bloccano i conti dei frontalieri

Il termine per firmare la liberatoria sulla trasparenza scade il 30 settembre, ma alcuni istituti bancari hanno anticipato il blocco dei conti correnti senza preavviso

Fabrizio lavora in Svizzera da una vita e come tutti i frontalieri italiani ha un conto corrente in una banca della Confederazione dove gli viene accreditato lo stipendio. Qualche giorno fa, l’amara sorpresa al bancomat, perché anziché ricevere i soldi, gli viene ritirata la tessera. La ragione gliela spiega l’impiegato allo sportello: «Lei non ha ancora firmato la liberatoria per il trasferimento delle informazioni all’Agenzia delle entrate, prevista dagli accordi tra Italia e Svizzera sulla trasparenza bancaria».

Fabrizio non aveva ricevuto alcun preavviso e la solerzia della banca nel richiedere la liberatoria gli è sembrata quantomai eccessiva, visto che il termine ultimo per farlo è il 30 settembre. Una sensazione più che giustificata. D’altronde non è un evasore, quei soldi se li è guadagnati lavorando duramente e pagando le tasse dovute. «Chissà se hanno avuto tutta questa fretta anche con le società o con altri clienti che non sono lavoratori frontalieri?» si chiede Fabrizio.

I caf (centri di assistenza fiscale) della provincia di Varese si stanno organizzando perché il problema del blocco dei conti si somma alla poca chiarezza della normativa in materia di dichiarazione dei frontalieri. «Sono moltissimi i lavoratori che non hanno ancora firmato la liberatoria – spiega Osvaldo Caro, della Cisl dei Laghi – ma è normale perché c’è ancora tempo per farlo e quindi vogliono giustamente saperne di più. Direi che quello delle banche è stato un atto di arroganza nei confronti di lavoratori che vengono trattati alla stregua degli evasori».

Secondo il sindacalista della Cisl, buona parte della confusione è generata dall’obbligo della denuncia del conto svizzero nella dichiarazione, obbligo reintrodotto nel 2011. «Se parliamo della soglia base – continua Caro – cioè la giacenza media sopra i 5mila euro, il frontaliere deve pagare 34,20 euro, con un aggravio di 25 euro nel caso non avesse fatto a suo tempo la dichiarazione. Ma il vero problema rimane per tutti coloro che a causa della mancata dichiarazione ora rischiano di vedersi applicare la normativa per il rientro dei capitali trasferiti illegalmente all’estero che è penalizzante. Occorre assolutamente distinguere le due casistiche».

Sull’argomento sta lavorando un tavolo tecnico regionale, a cui partecipano l’Agenzia delle entrate, i caf dei sindacati e delle Acli, perché l’incertezza sul da farsi è ancora troppo alta. «Ci sono frontalieri che in tanti anni di lavoro hanno accumulato sul conto svizzero cifre che vanno ben oltre la soglia dei cinquemila euro – aggiunge l’ufficio frontalieri della Cgil – e  sulle quali hanno già pagato le tasse. Non si puo’ applicare a questi lavoratori la voluntary disclosure».

Tutti questi problemi si sono sommati alla campagna fiscale italiana, mettendo in difficoltà i centri di assistenza fiscale e i patronati, già stracarichi di lavoro. Le Acli provinciali hanno rimandato a giugno l’apertura di un apposito sportello dedicato a questi problemi, quando il tavolo di lavoro regionale con l’Agenzia delle entrate farà più chiarezza. «Sarà uno sportello trasversale tra l’Italia e la Svizzera – sottolinea il presidente Filippo Pinzone – e comunque prenderemo in carico solo i casi fino a centomila euro».

Nel frattempo Fabrizio ha firmato la liberatoria e il suo conto è stato sbloccato. «Di fronte alle mie proteste – conclude il frontaliere – hanno risposto che erano ordini che arrivavano da Zurigo. Anche le Poste svizzere dipendono da Zurigo ma mi dicono che non hanno avuto tutta questa fretta».

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 30 Aprile 2015
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