Luci e dialoghi, un intenso Tindaro Granada conquista il Nuovo
Lo spettacolo Antropolaroid è andato in scena giovedì 23 aprile. La recensione

Spettacolo autobiografico quello di Antropolaroid, di e con Tindaro Granata andato in scena ieri sera, giovedì 23 aprile, al Cinema Teatro Nuovo. E, per raccontare i vari flash e le varie sequenze della storia, c’è un ottimo utilizzo delle luci sul palco di Matteo Crespi. Più di una. Che decidono non solo dell’intensità di quanto viene recitato, ma anche dell’intimità: l’ultimo dialogo immaginario – quello tra il protagonista e l’amico nipote di Tano Badalamenti – è svolto con una luce piccola, posta sulla parte anteriore della scena, che – per simulare il suicidio di Badalamenti nipote – si solleva, spostandosi da un lato all’altro del palco, e resta appesa fino a quando, improvvisamente, si spegne. Altre luci radenti, lasciano spazio all’attore per entrare ed uscire dal cono d’ombra.
Granata usa tutto il palco, ma va anche oltre. E scende tra il pubblico, allargando di molto la stessa scena. Non usa microfoni, ma la sua voce risulta udibile a tutti. E, giocando con gli unici vestiti che indossa – più un lenzuolo bianco – fa scorrere, con incursioni nel passato remoto e nel tempo presente, i vari personaggi.
Presenta con orgoglio il sapere di una cultura contadina siciliana, che lui ha potuto assorbire, e che non è patrimonio di tutti. Compresa la saggezza trasmessagli dai nonni. In particolare della nonna, che è una delle ragioni del suo essere attore. E che gli augura: bellezza, felicità ma anche tanta sofferenza. Il perché di questo monito, viene spiegato da Tindaro a spettacolo concluso. Ed è la ragione del voler cambiare le cose, della sua ribellione ad una tradizione di mafia. Che, mentre nell’amico nipote di Badalamenti prende la via del suicidio, nel caso di Tindaro, quella di una vita reinventata lontano dalla Sicilia, ma vicina alla saggezza contadina da lui assorbita.
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