Ponti spiega le sue ragioni alla vigilia del “verdetto”
Giovedì sera l'assemblea del Consorzio discuterà del progetto avanzato dall'investitore. «Pronto a valutare anche una controproposta»
![gianfranco ponti](https://www.varesenews.it/photogallery_new/images/2015/04/gianfranco-ponti-444081.610x431.jpg)
È vigilia di un appuntamento importante in Pallacanestro Varese: giovedì alle 18, al palazzetto, si ritroveranno gli aderenti al consorzio “Varese nel Cuore” per una assemblea informale (la convocazione di un’assise formale avrebbe richiesto tempi più lunghi) nella quale si discuterà della proposta avanzata nei giorni scorsi da Gianfranco Ponti, il professionista del ramo finanziario interessato a investire nel club dieci volte campione d’Italia. Un momento in cui i consorziati saranno chiamati, uno per uno, a dare il proprio parere sulla proposta con l’intento di dare al possibile investitore una risposta univoca.
E lui, Ponti, attende notizie all’estero, dove si trova per motivi di lavoro. Lo abbiamo raggiunto al telefono per VareseNews, chiedendogli in particolare se ci sono (e chi sono) persone pronte ad affiancarlo nell’eventualità di un “via libera” da parte del Consorzio, per capire in modo più concreto quale potrebbe essere la portata della sua proposta. Ponti però preferisce non sbilanciarsi sulle figure che, nel caso, ricoprirebbero incarichi societari e spiega di non avere coinvolto direttamente altri investitori, almeno per adesso. L’investitore dà però voce ad alcuni suoi pensieri e traccia i possibili scenari. «Penso che il Consorzio potrà avere diversi orientamenti: se accogliessero la proposta sarei felice di iniziare il lavoro, se la respingessero mi metterò il cuore in pace. Infine, se mi arrivasse una controproposta, ne discuterò volentieri a patto di conoscerne l’oggetto e le condizioni. E se ricevessi un “no” sarei comunque contento di aver “agitato le acque”: qualche consorziato mi ha detto che i miei interventi hanno in un certo modo stimolato la discussione e la voglia di fare».
Chi la conosce la descrive come persona schiva e pacata: perché allora quei toni usati nella prima lettera indirizzata al Consorzio?
«Quello che non si è capito subito, è che la mia lettera non è stato un “primo atto” della discussione. Tutto iniziò nei giorni dell’addio di Vescovi: allora dissi al sindaco che, in caso di problemi finanziari, ero pronto a dare una mano; al contrario me ne sarei stato da parte senza problemi. Siccome non conosco i rappresentanti del Consorzio ho chiesto a Fontana di fare da tramite per queste mie parole e quando, tre settimane dopo, è arrivato l’invito a incontrami con Castelli, ho pensato che effettivamente ci fosse bisogno. Nel famoso meeting in Comune però mi è stato detto che la società non ha problemi finanziari ma ugualmente mi è stato chiesto quale fosse il mio progetto: l’ho redatto con urgenza ma per alcuni giorni non ho avuto risposte. Solo allora scrissi quella lettera: vero, potevo usare toni differenti e per questo mi scuso, però la proposta mi venne chiesta in modo celere e io non trovai risposta con gli stessi tempi».
È vero che già lo scorso anno fu vicino alla società, per quanto riguarda il settore giovanile?
«Sì, ma si trattò di una cosa completamente diversa: alcuni amici mi dissero che il vivaio aveva poche risorse e quindi avevo acconsentito a un sostegno finanziario ma senza incarichi di alcun tipo. Poi mi avvisarono che non se ne fece nulla e la cosa si fermò lì. Ma, ripeto, il discorso era ben differente da quello odierno».
Nel caso il Consorzio le desse il via libera, lei ha già scelto la squadra dirigenziale per la Pallacanestro Varese?
«No, non ci sono persone pronte a insediarsi subito perché non sono abituato a dare incarichi prima di avere il potere di farlo. Diciamo che ho in mente i profili degli uomini da scegliere: un presidente che abbia l’autorità di chiamare e comunicare con i piani alti del basket, europeo e non solo, perché il numero uno della Pallacanestro Varese deve poter fare ciò. E poi un amministratore delegato o gm che curi gli aspetti non sportivi e commerciali, quelli legati ai ricavi; infine un alto dirigente dell’area sportiva. Per inciso, io non sarei in nessuno di questi ruoli anche se, nel caso fossi chiamato a dirigere il club, resterei in città molto più di adesso e modulerei i miei impegni professionali anche in base a questo. Chiaro che, chiacchierando con i miei amici varesini qualche figura mi è venuta in mente, ma non ho mai contattato nessuno».
Anche a livello di eventuali soci, non ha fatto nomi.
«Il progetto che ho presentato l’ho discusso con qualche amico, ma fino a che non ho una risposta positiva dal Consorzio non ha senso coinvolgere altri. Io credo, ed è quello che ho già scritto, che la holding che voglio creare possa diventare nel lungo periodo un bene della città di Varese. La mia idea è quella di affiancare alla parte sportiva altre attività che possano garantire ricavi duraturi, che portino fondi alla gestione societaria. Non credo sia un sogno romantico, lo ritengo un progetto praticabile con il quale Pallacanestro Varese può sostenersi. Perché questa società ha ancora una valore sportivo e storico molto alto, ma con il passare degli anni rischia che ciò si perda. E questo per me sarebbe un grande rammarico».
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