Sciopero alla Whirlpool contro la chiusura di Caserta e Torino

Fiom, Fim e Uilm proclamano 12 ore di stop, con assemblea e manifestazione nello stabilimento di Cassinetta

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I sindacati dei metalmeccanici lo avevano annunciato nell’incontro avuto lunedì 20 aprile a Roma con i dirigenti Whirlpool presso il Ministero dello sviluppo economico: rinunciate a chiudere gli stabilimenti di Carinaro (Caserta) e None (Torino), prima di illustrare il piano industriale, altrimenti il tavolo non va avanti. E per rimarcare la loro determinazione Fiom, Fim, Uilm e Ugl, in quella stessa sede, hanno annunciato assemblee, scioperi e manifestazioni.

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L’azienda si è detta disponibile all’ascolto, disponibilità che i sindacati non hanno ritenuto sufficiente per fermare la protesta. La rsu dello stabilimento di  Cassinetta di Biandronno ha indetto un’assemblea generale dalle 9 e 30 alle 10 e 30 e a seguire uno sciopero di 2 ore e mezza, con corteo finale a cui hanno partecipato circa 800 lavoratori. «Se non riprenderà la produzione nei siti di Torino e Caserta – spiega Matteo Berardi rsu della Fiom Cgil- noi non iniziamo nemmeno a discutere. Inoltre, se il metodo Indesit era quello di andare a Roma, il nostro è ben diverso: la trattativa va fatta nella fabbrica. E se qui abbiamo tenuto botta fino adesso, nonostante la crisi e la globalizzazione, è perché non abbiamo mai derogato a questo principio e certamente non intendiamo farlo a adesso».

Il piano annunciato da Whirlpool prevede 1.350 licenziamenti. In realtà 950 la multinazionale americana li ha ereditati dal gruppo Indesit che nel 2013 li aveva evitati in extremis con i contratti di solidarietà. Quelli effettivi di Whirlpool sono dunque 400 e andranno a colpire per la prima volta in modo significativo gli impiegati, molti dei quali presenti all’assemblea nello stabilimento di Cassinetta di Biandronno.

«Questa situazione apre un nuovo capitolo tra Whirlpool e il mondo esterno – spiega Mario Ballante della Fim Cisl -. Però un conto è la competitività tra territori,  che esiste, un conto è un ragionamento in termini darwiniani. Quello che noi chiediamo è che non si chiudano quelle produzioni inserite nel piano industriale, lasciare anche un solo lumicino acceso per poter ripartire facendo un percorso dove ognuno faccia la sua parte: azienda, lavoratori, sindacati e istituzioni. L’importante è che non cessi la produzione altrimenti non ripartirà più».

«Fa ben sperare l’impegno che il premier Renzi ha preso con una delegazione di lavoratori dello stabilimento di Caserta per il prossimo tavolo al ministero dello Sviluppo economico, dove si prevede anche la presenza del ministro – dice Francesco Nicolia, segretario provinciale della Uilm -. Il rischio sociale che si corre mettendo in mezzo alla strada oltre 900 lavoratori è altissimo e nessun governo se lo puo’ permettere. Ecco perché questa è una partita che va giocata a livello nazionale perché gli interessi in gioco vanno oltre il livello della singola fabbrica. Noi ci siamo alzati dal tavolo di discussione perché ritenevamo inaccettabile il fatto che l’azienda desse per scontate queste chiusure».

I sindacati non lo dicono apertamente, ma è chiaro che, quando si dice che tutti devono fare la propria parte, vengono in mente subito due esempi, in cui è stata determinante la mediazione del Governo: il caso Electrolux, che con i contratti di solidarietà  e una decontribuzione massiccia ha dato più tempo agli svedesi per decidere sul da farsi, e quello delle acciaierie di Terni. La rsu di Cassinetta dice di voler riportare la trattativa nelle fabbriche e non nei ministeri, come è sempre stato fatto, o quasi, a queste latitudini dai tempi di mister Ignis. Il problema principale però rimane: che cosa deve fare Whirlpool degli impianti che producono doppioni? Nel piano industriale c’è una ridistribuzione delle specializzazioni nei due siti principali di Varese e Fabriano, si faranno rientrare in Italia produzioni, come  quella dei microonde, che prima Indesit comprava in Cina, e tutta la progettazione del lavaggio, che oggi viene fatta in Germania. Ce ne sarà abbastanza per tutti?

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 21 Aprile 2015
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