Expo si apre al mondo, il racconto della prima giornata
Il racconto delle prime 12 ore dentro Expo, con un clima di festa molto lontano dagli scontri che hanno sconvolto il centro della città. Una sfida che durerà sei mesi
C’è chi ha portato la famiglia, chi ha lavorato in qualche padiglione e oggi «doveva esserci» e tanta gente comune che dopo averne sentito parlare per anni non voleva mancare al primo appuntamento con l’Expo. Il debutto dell’Esposizione Universale di Milano è stato come tutte le prime di uno show tanto atteso: un po’ caotico, con qualche inconveniente e con la consapevolezza gli occhi del mondo per sei mesi saranno puntati sulla città.
Ed è vero: tanto c’è ancora da fare e tanto andrà fatto. E così se il prato davanti al padiglione della Caritas deve ancora crescere, l’Olanda ha risolto il problema mettendo l’erba sintetica. Se alcuni piani del Padiglione Italia devono essere ancora ultimati, alcune strutture apriranno solo nelle prossime settimane. Ma i racconti che delineavano scenari catastrofici sono decisamente lontani dalla realtà.
In tanti -200.000 dirà Expo a fine giornata- hanno varcato gli accessi (e aspettato pazientemente i controlli di sicurezza) iniziando a passeggiare per il Cardo e il Decumano. Occhi sgranati nello scrutare i padiglioni e decidere da dove iniziare il giro del mondo. Ognuno con uno stile diverso: qualcuno decisamente maestoso, altri un po’ più kitsch, ma tutti con una storia da raccontare.
E dentro le recinzioni dell’Expo l’eco degli scontri che hanno devastato il cuore della città non è arrivata. L’unico boato è stato quello delle frecce tricolore durante la cerimonia di inaugurazione. Ed è un contrasto che stride. Perché proprio dentro Expo alcuni ragazzi orientali si esibivano nelle danze tradizionali della guerra, sui cellulari arrivavano le prime notizie degli scontri. Le facce tese degli agenti, le camionette pronte ai bordi dell’esposizione e l’esercito che discretamente passeggiava intorno alle recinzioni del sito ricordavano il clima di tensione del momento, ma non alla realtà.
Perché la realtà di Expo è quella di una sfida per rendere il futuro migliore a tutti. Certo, le inchieste non sono mancate e i processi arriveranno, ma per 6 mesi si parlerà e ci si confronterà sulle sfide per rendere disponibile al miliardo di persone che oggi soffre la fame cibo sano e accessibile. E mentre tutti parlano degli scontri, è bene non dimenticarselo.
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