Profughi, come funziona la richiesta di asilo

Ecco come funziona l'iter della valutazione delle domande dei richiedenti asilo ospitati in Italia tra problemi, ritardi nelle valutazioni e rischi di collasso del sistema giudiziario

Varie

E’ lo stesso iter che segue qualunque richiedente asilo quella che devono rispettare gli uomini e le donne che attraversano il Mediterraneo: si inoltra una domanda e si aspetta la convocazione da una delle commissioni territoriali dedicate alla valutazione. Ecco come funziona l’iter

LA COMMISSIONE – Ogni richiedente asilo viene convocato dalla commissione e viene intervistato per un paio d’ore. Durante questo lasso di tempo deve raccontare la sua storia, cercando di convincere i commissari che ha le carte in regola per ricevere la protezione. Ma questo non è così facile. L’attendibilità e la coerenza delle storie non viene sempre ritenuta accettabile anche perché difficilmente il migrante ha con sé documenti o prove che certifichino il suo racconto.

L’ESITO – In base agli elementi raccolti la commissione può decidere di concedere l’asilo politico, la protezione umanitaria, la protezione sussidiaria o -eventualmente- il diniego della richiesta. Proprio per via delle difficoltà nel fornire prove a supporto delle storie il numero di accoglimenti delle domande è decisamente basso, meno del 10%.

LA VALUTAZIONE – In media, spiegano gli addetti ai lavori, la protezione viene fornita con abbastanza facilità a quelle persone che provengono da zone di conclamate instabilità o persecuzioni (Afghanistan, Somalia etc) mentre in tutti gli altri casi la questione è molto più complicata. Specialmente come quelle persone che, prima di raggiungere l’Italia, hanno passato periodi più o meno lunghi in altri stati e che adesso faticano molto a dimostrare la necessità di protezione, sembrando più come migranti economici che come rifugiati.

I RICORSI – Una volta ricevuta la notifica del respingimento della domanda ogni richiedente asilo ha 3o giorni per inoltrare il ricorso in Tribunale. Una scelta seguita da quasi tutti i profughi ma che rischia di ingolfare ulteriormente il sistema giudiziario.

Marco Corso
marco.corso@varesenews.it

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Pubblicato il 11 Maggio 2015
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