Professori universitari in rivolta: “Lo Stato sblocchi gli scatti salariali”
Una delegazione di docenti dell'Insubria ha incontrato il rettore Coen Porisini per protestare contro il blocco degli scatti salariali. Preoccupazioni sono state espresse anche per i fondi assegnati alla ricerca
Una delegazione di professori universitari, in rappresentanza dei 138 firmatari, ha incontrato questa mattina, giovedì 25 giugno, il Rettore Coen Porisini.
I docenti dell’Università dell’Insubria hanno aderito alla manifestazione nazionale indetta per denunciare il blocco, arrivato al quinto anno, degli scatti di anzianità.
Nella lettera, i docenti lamentano un trattamento penalizzante ma anche mortificante perché attribuisce un ruolo decisamente marginale all’istituzione culturale più elevata che possa esprimere un paese.
Come tutto il pubblico impiego, dal 2010 si è deciso il blocco degli scatti salariali e anche gli adeguamenti Istat. Una decisione condannata anche dalla recente Corte Costituzionale che, pur non concedendo l’effetto retroattivo, sancisce l’incostituzionalità di tale blocco e invita a reintrodurre gli scatti per l’anno in corso.
I docenti universitari affermano di essere rimasta l’unica categoria, tra i dipendenti a contratto nel pubblico, a vedersi negare ogni scatto: « Una parte integrante di un contratto che avevamo accettato proprio per la progressione temporale, pur partendo da uno stipendio d’ingresso basso» commenta il professor Ugo Moschella, docente di Fisica.
Negli ultimi 15, il mondo accademico ha vissuto periodi altalenanti: nel 2009 il numero totale dei docenti raggiunse il massimo storico con un aumento del 28% rispetto al 1998. Successivamente, le politiche di contenimento e blocco turn over hanno portato a una flessione che oggi limita l’aumento rispetto allo stesso ’98 del 14%. Le previsioni indicano una progressiva riduzione dei docenti ( ricercatori o associati e ricercatori) che porteranno a un saldo negativo (-10%) al ’98.
Il rettore Alberto Coen Porisini ha ascoltato le richieste manifestando la propria solidarietà: « Anche io sono nelle stesse condizioni. La cosa più preoccupante è il clima che si respira. Al trattamento dei docenti vanno ad aggiungersi i fondi a disposizione della ricerca, le regole del turn over: in sei anni si sono persi 15.000 dipendenti. Dal 2009 abbiamo assistito a un progressivo depauperamento di risorse del mondo accademico. Solo lo scorso anno tale emorragia si è interrotta, quest’anno si è avuta un’ulteriore limatura e non sappiamo cosa succederà nel 2016».
Nel campo della ricerca l’Italia investe circa 7 miliardi di euro, contro i 14 di Francia e i 28 del Nord Europa: « Il rischio è quello di impoverire completamento un sistema che ancora oggi riesce a ottenere risultati di eccellenza pur a risorse ridotte – commenta il professor Antonio Toniolo – ricordiamoci sempre che la nostra ricerca è al settimo posto a livello mondiale. Così costringiamo i nostri giovani a emigrare e l’Italia perderà il capitale su cui ha investito in formazione».
« Un sistema che fa scappare le menti giovani del paese è una follia – rincara il rettore- perché evidenza la totale mancanza di progettualità. Consideriamo le condizioni in cui sopravvive la ricerca di base che, di solito, è ad appannaggio delle finanze pubbliche. L’ultimo programma “PRIN” di fondi risale al 2012».
Per evitare la fuga dei cervelli, l’Università dell’Insubria ha investito nei dottorati di ricerca raddoppiandone il numero : « Quello che oggi chiediamo è solo il riconoscimento di un nostro diritto – spiega il professor Paolo Bellini – siamo stati assunti con un contratto che prevedeva scatti salariali. La decisione unilaterale di bloccarli è illegale».
All’Insubria, il personale tecnico amministrativo guadagna tra i 1100 e i 1200 euro al mese mentre un ricercatore al primo incarico a tempo determinato riceve 1500 euro.
L’occupazione pacifica si è conclusa con l’impegno del rettore di sostenere questa richiesta nella prossima conferenza dei rettori della Crui: « Anche se poi è il MEF (Ministero dell’Economia e delle Finanze) a decidere su queste voci e noi non abbiamo grande possibilità di manovra».
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