Presidi, firme e segnalazioni, per salvare il viale alberato che ricorda la Grande Guerra
Per rifare il marciapiede, secondo il Comune è necessario abbattere i tigli sulla via che porta al cimitero. La contestazione ha raccolto centinaia di firme in tre giorni
Presidio davanti ai tigli, raccolta firme nelle piazze, segnalazione a norma di legge degli alberi monumentali. A Samarate, nel cuore dell’estate caldissima, si sta scaldando la battaglia contro il progetto di rinnovo della strada che conduce al cimitero della frazione San Macario, che prevede l’abbattimento di 14 (o secondo alcuni documenti 18) alberi piantati ottanta e più anni fa.
«È un pezzo di paesaggio italiano, legato alla storia del paese e non solo» dice Emanuela Signorini, una delle persone che sta portando avanti la mobilitazione pro-tigli. «I vecchi si ricordano gli alberi quando sono nati, li associano ancora alla memoria della Prima Guerra Mondiale». Chi si oppone al progetto sottolinea anche questo aspetto: si tagliano gli alberi proprio nel centenario della Grande Guerra, una mancanza di rispetto, dicono, per i Caduti indicati nelle targhette poste sugli alberi negli anni Venti. «Ognuno degli alberi racconta una storia di morte e di amicizia». Ne indica una: quella del soldato Libarno Zocchi le cui spoglie furono portate da un cimitero di guerra a Samarate negli anni Sessanta dal suo amico, lo stesso che lo vide morire».
I progetti che prevedono il taglio di alberi sono potenzialmente esplosivi (metaforicamente, sia chiaro), in termini di contestazioni. A Milano in questi giorni d’estate si parla dei tagli al Parco Solari o in via Mac Mahon, a Gallarate ancora ci si ricorda la “battaglia” di piazza Risorgimento, nell’estate del 2007, che tenne in scacco il cantiere per giorni e vie saldarsi vari spezzoni di protesta (la Lega, il centrosinistra, comitati e singoli cittadini ) contro le scelte della giunta Mucci. A Samarate si contesta da giorni la scarsa trasparenza: l’amministrazione ha sottolineato che la scelta era in discussione da anni, che è stata votata in una delibera nell’inverno scorso. «Ma ai politici, a quelli dell’opposizione si può contestare di non essersi accorti di una delibera, non ai cittadini» sottolineano al presidio in via 22 marzo, davanti ai tigli. «La gente comune va informata in altro modo, non certo pubblicando solo la delibera sul sito». «Tutti ci dicono che non sapevano nulla di questo progetto», dice ancora Angela Greco, altra appassionata promotrice della mobilitazione.
Comunque: la mobilitazione va avanti. «Abbiamo raccolto seicento e passa firme» annunciano i promotori a metà giornata. A questo si aggiungono una ventina almeno di segnalazioni formali del viale come “viale alberato monumentale”, secondo quanto previsto dalla Legge 14/2010. «La Legge parla di filari di alberi di particolare pregio urbanistico e paesaggistico, per motivi naturali, storici o religiosi» continua Signorini. «E qui abbiamo tutte le caratteristiche».
Di sicuro, basta stare pochi minuti davanti ai banchetti per notare l’interesse di molti, che vengono avvicinati o che si presentano spontaneamente (in via 22 marzo ci si ferma anche mentre si transita sulla via in moto o in bici). Alcuni genericamente attenti al verde, altri più che informati sulle vicende degli ultimi giorni. «Dicono che si discute da anni, ma nessuno sapeva la decisione che avevano preso» dice una signora che sta seguendo il dibattito sui giornali. «Io potrei anche averli votati, anzi diciamo pure che li ho votati, come molti a San Macario. Ma non potevamo sapere che rimettere a posto la via voleva dire tagliar giù tutto» aggiunge un uomo di mezza età. Qualcun altro, a domanda, esprime invece parere favorevole al progetto: «È vero, è più importante la sicurezza delle persone rispetto agli alberi. Gli alberi si possono ripiantare, spendendo un po’ di più si può piantarli di maggiore diametro, più cresciuti».
Ultimo argomento di chi contesta è anche quello economico: «La gente dice di no anche perché costa 40mila euro per distruggere 18 alberi e sostituirli con una pianta che non c’entra niente» aggiungono al banchetto al mercato. «Dicono che non ci sono alternative, ma non è vero. Si può tirare fuori le radici e mettere un drenante, come han fatto per esempio a Sesto Calende. La dimostrazione che davanti al cimitero di San Macario, dove le radici sono normali e rasoterra: non è comportamento naturale del tiglio, ma la necessita di trovare acqua».
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