Via Francigena: da Pontremoli ad Aulla
La quinta tappa attraversa un pezzo di Lunigiana dove si dividono le strade dei pellegrini incontrati fin qui. L'Europa e il Padre nostro restano punti di riferimento nelle riflessioni extra cammino

Da lunedì pubblichiamo un nuovo diario sulla Via Francigena. Il protagonista questa volta non è il nostro direttore (qui i suoi racconti), ma Marco Pinti che ha percorso sette tappe tra l’Emilia e la Toscana partendo da Fidenza l’11 Luglio per poi arrivare fino ad Avenza.
Il suo diario è stato scritto nei giorni seguenti il suo ritorno a Varese. Marco è noto in città anche per l’impegno politico come segretario della sezione varesina della Lega Nord.
IL DIARIO del 15 luglio
Mi sveglio che sono le otto passate. Tardissimo. Sono nervoso tronco per aver perso più di due ore di fresco e se mi trattengo dal bestemmiare il merito è tutto di Padre Pio che mi fissa severo dalla parete. Passo di corsa in refettorio per farmi un caffè e lasciare due uova sode sul tavolo a Fluer e Olivier che la sera precedente sembravano davvero a pezzi. C’è da capirli, sono in viaggio già da un mese e otto giorni, a piedi dalla neve del San Gottardo ai ciottoli di Pontremoli. Quando arrivo scopro che la stessa idea l’ha già avuta Bryan, così le uova per i francesi da due diventano quattro. A proposito di fede e ragione: forse è andata più o meno così anche quella volta coi pani e coi pesci …
Da Pontremoli ad Aulla il primo tratto è sulla statale della Cisa, stavolta trafficatissima tanto che in più di una occasione mi devo spalmare sul guardrail per non diventare una sottiletta. Mentre cammino cerco di rassicurarmi elaborando arbitrarie statistiche sul reale rischio di essere investito, ma finisco per aggravare i miei timori quando considero che se anche fossero l’uno per cento, non mi rimane comunque molta strada davanti con tutte queste macchine che mi sorpassano, una ogni due secondi secondo il mio calcolo.
Tiro quindi un bel respiro di sollievo quando il percorso torna in sterrata, tra villette, orti e canali.
Poi di nuovo asfalto, ma sul marciapiede, fino alla Pieve di Sorano: una chiesa di prima dell’anno mille sorta sulle rovine di una vecchia fattoria romana come hanno dimostrato i recenti scavi. Tutto passa, ma tutto lascia traccia.
Dalla chiesa si sale al borgo in collina, Filattiera, antico presidio bizantino sulla strada per Roma, con la chiesa di San Giorgio dove riposano le spoglie di un povero vescovo spedito nella missione impossibile di evangelizzare gli ariani longobardi. La sua strada è finita lì, la mia invece fortunatamente prosegue, in salita tanto per cambiare, attraverso il fitto del bosco lungo un sentiero che sbuca in un area pic-nic dove mi fermo per mangiare.
Sto sgusciando il primo uovo quando una coppia di passanti si ferma a parlarmi, si preoccupano molto e sembrano in procinto di farmi una paternale perché cammino da solo, ma devono presto ricredersi quando inizio a sbracciarmi oltre le loro spalle per attirare l’attenzione di Bryan che è appena sbucato dal sentiero. “Allora non è da solo…” si dicono, quasi delusi, mentre si allontanano da noi due che ci salutiamo come fossimo amici da una vita. Tra un boccone e l’altro, il mio teologo di fiducia mi spiega la differenza tra ariani e cattolici: “Hitler non c’entra niente. Gli ariani erano quelli che credevano che Gesù fosse il più perfetto degli uomini, ma pur sempre uomo, mentre per i cattolici è incarnazione di Dio che si fa uomo tra gli uomini”. “Non mi sembra poi questa gran differenza” – faccio io mentre taglio le fette di salame – “Infatti” – risponde Bryan mentre estrae una pagnotta e la spezza in due. E’ il secondo miracolo della giornata: da una sola pagnotta, due panini col salame.
Siamo agli ultimi morsi, quando vediamo passare Olivier col ritmo del cavallo al trotto, seguito a stretto giro da una più ciondolante Fleur. Eccoci riuniti tutti e quattro, ma ho da subito il presentimento che sarà l’ultima volta. In effetti le nostre strade si dividono: i ragazzi hanno adocchiato un campeggio con piscina a basso prezzo nella vicinissima Villafranca, Bryan invece suonerà al campanello di un bed and breakfast nel paesino di Filetto, un po’ costoso, ma necessario per riprendere le forze. Ci scambiamo i contatti e ci facciamo la promessa di non perderci troppo di vista. Se non la manterremo poco male, in fondo le foto che ci scattiamo poco prima di salutarci servono proprio a questo.
Io proseguo da solo per Aulla, un po’ perché ho i giorni contati, un po’ perché in fondo mi piace l’idea di fare l’avanguardia esplorante di questa piccola armata Brancaleone.
“Molta stra-da / poca bia-da / ombra indomabile / bra-da”, il ritornello di Lindo Ferretti cadenzato sui miei passi mi fa andare come un treno, sgombro di ogni pensiero, dritto fino ad Aulla, dove finalmente mi apre le porte l’abbazia di San Caprasio.
Qui ho l’ampia foresteria a mia completa disposizione, non uno, ma addirittura due bagni, un modernissimo angolo cottura e un’ampia terrazza con tutto l’occorrente per fare un altro bucato. Nemmeno la notizia che Tsipras ha firmato l’accordo capestro con l’Unione Europea riesce a guastarmi la serata. C’è poco da stupirsi: sulla terra chi promette di “rimettere a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori” finisce sempre in croce, più o meno metaforicamente.
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