Via Francigena, tredicesima tappa: da Ponte d’Arbia a San Quirico d’Orcia

Il racconto della tredicesima tappa del viaggio del Direttore di VareseNews sulla Via Francigena: caprioli e vipere, strade assolate e nuovi incontri

Via Francigena, la tredicesima tappa: da Ponte d'Arbia a San Quirico d'Orcia

Sveglia prestissimo. Con questo caldo è bene anticipare la partenza.
Il nostro gruppetto si è arricchito, ma Richard, Marco e Alberto camminano con un passo troppo veloce per me e così mi ritrovo a fare tutta la tappa in solitaria. Non mi dispiace. Anzi. Ho la possibilità di darmi un ritmo, pensare a tante cose, riflettere, gustarmi l’ambiente intorno. Stamattina è arrivato subito il buon umore perché dopo meno di mezz’ora che camminavo, sono sbucati due caprioli. Giocavano tra loro e si sono rincorsi fino alla cima di una collinetta. Un vero spettacolo. Non avevo ancora visto animali selvatici grandi. Oggi invece è stato il loro giorno perché prima di pranzo ho incontrato la prima vipera. Era sul ciglio della strada, per fortuna distante un paio di metri e così abbiamo evitato problemi per lei e soprattutto per me. La vipera è l’unico animale realmente pericoloso, a parte i cani selvatici. La riconosci subito. Quella di stamattina era lunga una quarantina di centimetri. Da queste parti non è strano incontrarne e occorre fare una certa attenzione perché se si spaventa attacca e allora sono guai. Vero che i bastoni da Nordic in questo caso sono davvero benedetti perché permettono di mutarsi in arma da difesa. Comunque oggi non c’è stato bisogno di far nulla se non osservare la vipera che se ne andava.
Peccato non aver avuto la prontezza di fotografare i caprioli e nemmeno la serpe.
Oggi, dopo aver letto una sollecitazione di un amico ho fatto un video selfie. Divertente e penso curioso per chi mi chiede di vedermi. Non mi piace molto apparire, ma comprendo che un minuto di video, per quanto fatto male e in movimento, renda molto più di tante parole. La tappa di oggi è un entrare ed uscire di continuo da alcune icone toscane. Le crete senesi si presentano in tutta la loro bellezza e la vista offre sempre scenari unici. Unico problema il gran caldo e le strade polverose. Non passano molti mezzi, ma i pochi che percorrono gli sterrati non prestano attenzione e così sollevano polveroni fastidiosissimi.

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Questa zona produce molto vino e nel mezzo della tappa c’è un’azienda che si è inventata un “pacchetto pellegrini” con un bicchiere di Sangiovese, una bottiglietta di acqua e un panino il tutto a sei euro. È il segno che la via Francigena inizia ad esser percepita come qualcosa a cui prestare attenzione. I numeri negli ostelli da queste parti iniziano ad esser interessanti. Sia a Ponte d’Arbia che a San Quirico a giugno hanno dormito circa 300 persone. Del resto queste sono le tappe storiche, le più antiche e lo si capisce anche dalla segnaletica molto più consumata.
Stasera il gruppo si è allargato. Abbiamo perso il camminatore giapponese un po’ mistico ma che tanto sembrava Lino Banfi per come parlava, visto che ha vissuto a Bari dodici anni, ma abbiamo guadagnato un ciclista che partito da Pisa sta andando anche lui verso Roma. Sono alla tredicesima tappa e domani si chiude con la Toscana. La saluteremo nel tratto che va ad Acquapendente. Per me avrà sapori diversi dagli altri perché entro un po’ a casa mia. Anche se sono certo sarà molto diverso perché vedrò le cose con occhi diversi.
In queste ore devo ripensare anche alle motivazioni perché questa esperienza in origine l’avevo pensata per esser percorsa dalla Cisa a Radicofani. Ho deciso poi di allungarla perché difficilmente avrei ripreso il cammino per la sola settimana che sarebbe mancata per arrivare a Roma.
Inizio a sentire la fatica e pur apprezzando molto il cammino solitario, questo esige di trovar da soli le motivazioni per procedere. Non è ancora tempo di bilanci perché devo ancora vivere molto, ma la fatica è ricompensata da tante cose a partire dalle relazioni che si generano, a volte concludono in ventiquattro ore, a volte invece reggono per settimane intere come la mia con Richard.
Non abbiamo mai cucinato restando negli ostelli. È troppo impegnativo e si preferisce andare a cercare locali convenzionati. Qui a San Quirico ce ne sono e stasera abbiamo cenato con undici euro. Cibo semplice, ma buono ed abbondante. Lo stesso nella pizzeria di ieri sera dove il prezzo è stato di dieci euro. Le condizioni cambiano notevolmente nelle città e nei centri più turistici come San Gimignano o Monteriggioni. Del resto questo ha delle ragioni piuttosto evidenti anche legate ai diversi costi che sostengono gli esercizi, anche se dubito sia solo quello.
Mentre cenavamo La torre ha vinto il Palio di Siena e tutta la gente al sentire che il via era buono si è affilata di fronte alla tv. Anche a quaranta chilometri tutti sono coinvolti in una delle grandi manifestazioni del nostro Paese.
Domani è previsto il tappone. Il più duro e quello che arriva più in alto dopo la Cisa. Per arrivare a Radicofani ci sono 32 chilometri e gli ultimi otto con seicento metri di dislivello. Il tutto condito da 36-38 gradi.
Vedremo

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Pubblicato il 02 Luglio 2015
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