Cinquecento firme contro i profughi
La preoccupazione dei residenti del paese di confine per l'arrivo dei richiedenti asilo: "Non vogliamo fare la fine di Ventimiglia"

Pomeriggio di raccolta firme contro la decisione di destinare l’ex caserma della Finanza a centro per rifugiati a Lavena Ponte Tresa. Due banchetti, dalle 18 alle 20 hanno presidiato altrettanti punti del paese di confine dove, a seguito della decisione de prefetto di destinare l’ex presidio militare delle fiamme gialle a punto di raccolta per una cinquantina di richiedenti asilo, si è formato un gruppo di cittadini che dalla pagina Facebook ‘Forse Lavena Ponte Tresa non è il posto giusto’ è passato ai fatti raccogliendo oltre 500 firme in pochi giorni.
«Oggi in paese c’era una troupe di Rete 4 -esordisce il coordinatore del gruppo di cittadini, Fabio Guarneri, commerciante- noi siamo un comitato cittadino apartitico e apolitico, e non siamo razzisti, ma qui non vogliamo i migranti. I motivi sono diversi: dalla vicinanza con le scuole al fatto che siamo separati dalla Svizzera da un fiume largo 5 metri». Secondo il comitato l’arrivo dei profughi, previsto per fine mese, slitterà di qualche settimana per via dei lavori non ancora ultimati. Nel frattempo qualcuno si ferma al banchetto della pizza de mercato e firma. «Martedì ci sarà un incontro fra i sindaci italiani e svizzeri col prefetto dal quale speriamo esca qualcosa di buono -ha spiegato Guarneri- la nostra paura è che dai 50 che dovrebbero arrivare, possano giungere in pese centinaia di profughi: la caserma potenzialmente può ospitare 300 persone».
Alla raccolta firme ha partecipato anche l’associazione Orizzonte Ideale. Uno degli attivisti, Leslie Mulas dice che «il problema è legato al territorio e anche a diversi altri comuni del comprensorio, anche perché il numero dei richiedenti asilo è destinato ad aumentare: dove verranno messi?». Quello che a Lavena Ponte Tresa spinge le persone a firmare si traduce nella situazione che si è venuta a creare a Ventimiglia, con profughi accampati sotto le tende e sulle scogliere. Oltre ai paragoni coi recenti fatti di cronaca, in molti citano la situazione ai confini con la Francia: «Non vogliamo far fare al nostro paese quella fine» dice Gurnieri.
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