Fece lavorare in nero centinaia di stranieri, rinviata a giudizio
A distanza di tre anni approda in aula la vicenda della 2P Pavimenti, azienda di Gallarate che ha frodato il fisco per oltre 20 milioni di euro assumendo, tramite società di comodo, centinaia di lavoratori

Era il 2012 quando la Guardia di Finanza di Gallarate e il sostituto procuratore Nadia Alessandra Calcaterra annunciavano, in una conferenza stampa, i risultati di una complessa indagine che aveva scoperto un’enorme frode fiscale (circa 23 milioni di euro) che riguardava l’impresa 2P Pavimenti di Gallarate, gestita da Anna Maria Pantaleo, oggi (giovedì) rinviata a giudizio dal Gup Patrizia Nobile per i reati di annotazione di fatture false, somministrazione di lavoro irregolare, frode contributiva. Il processo inizierà a gennaio.
L’imprenditrice, infatti, attraverso contratti d’appalto fittizi mascherava somministrazioni irregolari di manodopera e con soli 40 dipendenti ufficiali, gestiva centinaia di sub-appalti in cantieri sparsi per tutto il nord-Italia. La frode fiscale avveniva grazie all’opera di centinaia di lavoratori, come se fossero propri dipendenti, ma formalmente assunti da società compiacenti che sistematicamente omettevano di versare allo Stato sia le imposte sui redditi che le ritenute previdenziali e contributive.
Sono 1422 i lavoratori, quasi tutti extracomunitari, che hanno prestato la loro opera all’interno di questo sistema che ha permesso alla 2P di evadere imposte su un’imponibile di circa 23 milioni di euro tra il 2005 e il 2011 attraverso tutta una serie di società fittizie dalle quali questi lavoratori erano assunti. Va detto che i reati per le annualità 2005 e 2006 sono stati prescritti.
Mentre m0lti di questi lavoratori non sono nemmeno stati retribuiti per l’opera svolta, la proprietà non si faceva mancare niente, compresa una villa superlusso di 11 vani e 2 piscine situata nel basso Varesotto, terreni per un valore di 50 mila euro, una barca di 18 metri del valore di circa 1 milione di euro e altri immobili. Tutti beni finiti sotto sequestro da parte dell’autorità giudiziaria.
La vicenda fece molto scalpore e anche Dario Fo l’ha citata nel libro scritto a 4 mani con Florina Cazacu, la figlia di Ion Cazacu, l’operaio rumeno bruciato vivo dal suo datore di lavoro solo per aver chiesto di essere pagato. Il fatto avvenne proprio a Gallarate, nel 2000, provocando la morte dell’uomo dopo settimane terribili di agonia. L’indagine compare, infatti, nelle prime pagine del libro “Bruciato vivo” (qui l’intervista all’autrice).
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