Il medico del caso Uva: “Mi hanno minacciato”

Strane telefonate per Agoustine Noubissié, il dottore che entrò in caserma quella notte: "Non vidi violenze, però Giuseppe era molto agitato"

«E’ stata violata la mia mail. Ho ricevuto minacce e intimidazioni. Mi hanno scritto che ero un vigliacco e che non avevo detto la verità. Inoltre ho subìto per diverso tempo telefonate anonime, e mute, al mio cellulare. Arrivavano sempre alle nove di sera».

Chi cercò di intimidire il dottore della Guardia medica che la notte del 14 giugno 2008 arrivò nella caserma dei carabinieri di Varese e parlò con Uva mentre si trovava in una stanza circondato da carabinieri e poliziotti?

Agoustine Noubissiè lo ha raccontato oggi in aula per la prima volta. L’uomo è un medico del Camerun: in questi mesi sta costruendo una clinica nel suo paese, ma per quindici anni ha lavorato a Varese, dove svolgeva servizio di guardia medica e di assistente sanitario al carcere di Busto Arsizio.

Quella notte giunse in caserma alle 4 e 15. Alle 4 e 56 decise che non era possibile calmare Giuseppe e ci voleva un tso. «Mi chiamarono i carabinieri di Varese quella notte – ha raccontato sotto giuramento di fronte alla corte d’assise – arrivai e vidi i poliziotti e i carabinieri in una stanza. Giuseppe Uva era seduto su una sedia, ammanettato, con le mani dietro la schiena». Processo Uva

Secondo il medico, quella notte, Uva sarebbe sempre stato in manette e seduto. Lo ha ribadito più volte, oggi, ma la circostanza non collima con quanto dichiarò nel 2010, e nel 2014, ai pm che svolsero le indagini. In quelle occasioni egli disse che Uva era in piedi e tirava calci e pungi ai tavoli. Affermò inoltre che Uva lo insultò per il colore della pelle, circostanza che invece oggi ha smentito.

E’ la seconda stranezza di questa udienza, dopo la rivelazione delle minacce ricevute. In sostanza Noubissiè  ha affermato di non aver visto direttamente scene di violenza fisica contro Giuseppe Uva.

«Non era un pranzo tra galantuomini – ha spiegato – volavano parole. Lui inoltre era moto agitato e mi faceva paura. Se non avesse avuto le manette non avrei potuto avvicinarmi.

Lo vidi cadere dalla sedia, fare leva con le gambe e lanciarsi all’indietro per cadere poi sbattendo la testa. Diceva “ve la faccio pagare” e anche “ho un fratello avvocato e vi denuncio”.

Io cercai invece di farlo calmare, gli dissi che potevo sedarlo, ma non gli feci alcuna puntura perchè lui mi disse di essere allergico».

Il pm Daniela Borgonovo, ma anche gli avvocati di parte civile e difese gli hanno chiesto più volte se avesse visto sangue o violenze: «Davanti a me non è stato picchiato – ha sostenuto – io non posso sapere che cosa fosse accaduto prima. Diceva che i carabinieri lo avevamo maltrattato, ma cosa intendesse di preciso non lo posso dire.

Ho visto però l’autolesionismo, la caduta dalla sedia e anche che sbatté la porta contro la porta vetri della caserma dei carabinieri mentre lo stavano portando in ambulanza».

Noubissiè ricorda che Uva aveva bevuto alcol.  E’ un testimone diretto e fu il primo a vedere Giuseppe quella notte, dopo i circa 20 minuti in cui rimase da solo con le forze dell’ordine in quella stanza di via Saffi.

Roberto Rotondo
roberto.rotondo@varesenews.it
Pubblicato il 12 Ottobre 2015
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