Rapido ed efficace, il Jobs Act ha sorpreso tutti
Paolo Onelli, dirigente del ministero del Lavoro, è intervenuto al convegno organizzato da Univa sul tema della riforma del lavoro e delle semplificazioni

«Con la riforma del mercato del lavoro, il Governo ha fatto un intervento massiccio, rapido ed efficace, più di quanto il sistema delle relazioni industriali sia mai stato abituato in passato». Paolo Onelli, direttore generale della “Tutela delle condizioni di lavoro e delle relazioni Industriali” del ministero del Lavoro e delle politiche sociali, tra i relatori del convegno organizzato da Univa dal titolo “Jobs Act: la stagione delle riforme e delle semplificazioni“, non sembra sorpreso del fatto che la riforma nella sua prima fase applicativa abbia avuto molti meno problemi di quanti ne erano stati prospettati dai suoi detrattori. «Non era una cosa scontata – continua il dirigente del ministero – perché la riforma disciplina aspetti che per anni hanno rappresentato un limite invalicabile per chi voleva riformare questa materia. Pensiamo al licenziamento individuale, al controllo a distanza, al tema del riordino delle tipologie contrattuali e agli ammortizzatori sociali. Il risultato ha sorpreso positivamente anche molti colleghi europei con cui mi sono confrontato».
Come spesso accade, condizioni di contesto negative accelerano i processi di cambiamento. La recessione è stata una di queste perché ha costretto il sistema e le parti sociali a darsi una scossa mettendo in gioco la loro disponibilità a cambiare. Alcuni giuslavoristi, compreso lo stesso Onelli, sottolinenano che la riforma del mercato del lavoro, per la prima volta nella storia del Paese, non parte da una posizione pregiudiziale nei confronti degli imprenditori. Guardandola dalla parte dei lavoratori però il favore nei loro confronti, sancito dallo Statuto dei lavoratori, non era il frutto di una posizione ideologica ma nasceva da un oggettivo diverso potere contrattuale delle parti. Che l’imprenditore abbia più mezzi e quindi maggior potere rispetto al suo dipendente, è un dato di fatto.
«Il cambio è culturale e di visione del sistema – sottolinea Tiziano Barea, vicepresidente di Univa -. I lavoratori o, meglio, i nostri collaboratori sono la vera risorsa delle aziende e quindi nessun imprenditore ha come obiettivo il loro licenziamento, sarebbe un controsenso. La novità del Jobs act è che cambia il presupposto di partenza perché dà uno strumento equilibrato per favorire la costruzione di questo rapporto partendo dalla stabilizzazione e non dalla precarietà, aspetto che ora rende il nostro mercato del lavoro più moderno».
(foto, da sinistra: Paolo Onelli e Tiziano Barea)
Sul “balletto” delle cifre rese note da Inps e istat circa i posti di lavoro creati o non creati dalla riforma, il dirigente del ministero è perentorio: «La statistica non è materia facile da trattare e sarebbe sempre buona cosa comunicare con una certa sicurezza le fonti e i dati. Ma al di là delle polemiche sia che si tratti di nuovi posti di lavoro sia che si tratti di passaggio da contratti precari a contratti tutele crescenti, l’obiettivo è sconfiggere la precarietà».
La riforma del lavoro ha sicuramente uno stile inedito, più chiaro e meno ambiguo rispetto al passato, e si inserisce in un contesto globale nuovo. Condizioni che possono generare qualche «disallineamento», come lo definisce lo stesso Onelli. Un buon motivo per misurare i risultati sulla lunga distanza.
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