Ance: “La stazione unica appaltante non garantisce trasparenza”
L'Associazione dei costruttori edili contesta alla Provincia di non aver scelto. « il rischio è che diventi lo sportello automatico appaltante»»

La stazione unica appaltante (Sua) istituita dalla Provincia di Varese così com’è strutturata non piace ai vertici di Ance (Associazione nazionale costruttori edili). Secondo l’associazione di rappresentanza, c’è una evidente distorsione tra gli obiettivi di trasparenza ed economicità nella gestione dei contratti pubblici e i risultati reali che la centrale unica può realizzare.
(foto, da sinistra: Juri Franzosi e Orlando Saibene)
L’analisi del presidente Orlando Saibene e del direttore Juri Franzosi non è un semplice elenco di doglianze e tantomeno un giudizio politico, ma entra nel merito della scelta fatta. «La stazione unica non favorisce l’accesso delle pmi agli appalti e nemmeno la divisione degli stessi in lotti funzionali – spiega Saibene – ma soprattutto non elimina il problema delle offerte sottosoglia e il fenomeno dei subappalti, pratica comune quando un general contractor vince una gara».
Ci sono due variabili che i costruttori definiscono «non indifferenti»: il prezzo e la professionalità delle imprese, variabili legate tra loro. «Poiché il ribasso temerario è sempre figlio della disperazione – continua il presidente di Ance – abbiamo proposto un listino prezzi, strumento fondamentale per la trasparenza perché codifica e determina la qualità del lavoro, ma non abbiamo ottenuto risposta a partire dalla precedente amministrazione provinciale».
A fondamento delle loro ragioni, Saibene e Franzosi citano la legge regionale del Friuli Venezia Giulia in tema di appalti pubblici, regione tra l’altro guidata dalla democratica Debora Serracchiani, testo che riga dopo riga ribadisce i punti elencati dall’Ance e che la nuova stazione unica appaltante provinciale ha disatteso. Inoltre, quella legge è il risultato di un percorso di concertazione tra le associazioni di categoria e il rappresentante di Anci (Associazione nazionale dei comuni italiani).
«C’è un fattore fondamentale legato alla reputazione – aggiunge Franzosi -. Un’impresa del territorio avrà tutto l’interesse a operare bene perché ci mette la faccia. L’asta pubblica invece non garantisce automaticamente né la trasparenza né le cose ben fatte. In questo modo la Provincia ha deciso di non scegliere e quindi di non assumersi responsabilità. Il rischio è che diventi lo sportello automatico appaltante».
Rimane ancora aperta la questione dei crediti vantati dalle imprese nei confronti dell’ente provinciale, circa 6 milioni di euro. Il protocollo firmato a maggio non ha prodotto ancora risultati, ma l’Ance assicura che quattro delle sei imprese che aspettano ancora i soldi hanno deciso di pazientare, mentre una di quelle che è andata per vie legali li ha già ottenuti. «A suo tempo – conclude il direttore di Ance – indicammo alla Provincia la via del factoring che garantiva un accesso a finanziamenti a tassi più che agevolati. Oggi dopo quanto emerso sulle condizioni delle casse della Provincia non sappiamo se le banche sarebbero ancora disponibili».
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