In oratorio, gli stranieri imparano l’italiano
Da un'indagine dell’Ufficio per la Pastorale dei Migranti della Diocesi di Milano emerge la scelta diffusa di avvalersi dei corsi in parrocchia sia per i corsi base sia per quelli avanzati

(immagine di repertorio)
All’oratorio imparo l’italiano. Da un’indagine condotta dall’Ufficio per la Pastorale dei Migranti della Diocesi di Milano emerge che molti bambini e ragazzi stranieri vengono in parrocchia perché sanno di trovare qualcuno che insegni loro l’italiano. Non si tratta solo di lezioni base ma anche di livelli avanzati.
Le scuole parrocchiali per l’insegnamento dell’italiano agli stranieri erano nate quando in Italia ancora non c’era una legge organica sull’immigrazione. Si sono così conquistate uno spazio all’interno del sistema formativo per l’apprendimento di competenze linguistiche non più esclusivamente di base.
La rilevazione ha censito 80 scuole, 40 nella città di Milano, 40 nell’hinterland metropolitano, frequentate complessivamente da poco più di 6300 studenti e nelle quali operano a titolo completamente gratuito circa 600 volontari, dedicati o all’insegnamento vero e proprio o al supporto dell’attività didattica. Complessivamente un servizio prezioso che mostra la capacità della Chiesa ambrosiana di saper leggere i segni di tempi se si pensa che il 12% di queste scuole è precedente al 1990, anno in cui entrò in vigore la prima normativa organica sull’immigrazione, la cosiddetta Legge Martelli.
Sorte per insegnare i rudimenti della lingua italiana, oggi rispondono a bisogni più complessi. Nell’anno scolastico passato (2014/2015) un quarto delle scuole (il 10% in più rispetto all’anno precedente) ha erogato corsi propedeutici alla certificazione linguistica richiesta per l’ottenimento dei permessi di soggiorno di lungo periodo. Non solo. Queste scuole affiancano di fatto il sistema di istruzione istituzionale. Per la prima volta quest’anno si è seduta sui banchi una presenza significativa di minori (il 10% sul totale degli iscritti), indirizzati a frequentare questi corsi dagli stessi insegnanti delle scuole pubbliche affinché fossero aiutati colmare quelle lacune che non riuscivano a superare stando in classe la mattina.
Significativa anche la percentuale di studenti che già conoscono l’italiano e che tornano esprimendo il desiderio di imparare una seconda lingua, in genere l’inglese, o le basi dell’informatica: possibilità realmente offerta tuttavia ancora da un numero limitato di casi.
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