L’accusa chiede 9 anni e 9 mesi per la suora
I pm Gentilini e Ria hanno ricostruito, durante una requisitoria di oltre 6 ore, 13 anni di rapporti tra la giovane oratoriana morta suicida nel 2011 e la ex-suora
L’accusa ha chiesto una condanna a 9 anni e 9 mesi di carcere per Mariangela Farè, l’ex-suora dell’ordine delle Figlie di Maria Ausiliatrice, a processo per abusi sessuali, stalking e violenza privata nei confronti di Eva Sacconago, l’oratoriana di Sant’Edoardo suicidatasi nel 2011. I pubblici ministeri Francesca Gentilini e Maria Cristina Ria hanno chiesto una pena severissima per la donna al termine di una requisitoria durata oltre 6 ore nelle quali sono stati ripercorsi i 13 anni di rapporti tra l’allora suora e la giovane bustocca a partire dagli abusi (prescritti) che la suora avrebbe commesso sin da quando la ragazza era una adolescente.
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Al pm Gentilini il compito di ricostruire, attraverso l’imponente mole di diari, mail, fax scritti, ricevuti e raccolti meticolosamente da Eva Sacconago durante tutto questo arco temporale e nella quale ha ripercorso i cambiamenti intervenuti nella psiche di Eva tra il 1998 e il 1999, il lasso temporale in cui Mariangela Farè passa dall’essere la nuova suora educatrice dei giovani dell’oratorio alla figura sostitutiva della famiglia della ragazza.
«In poco più di un anno il lavoro psicologico della suora è lampante, spariscono in poche settimane le figure di riferimento di Eva, la sua educatrice Roberta e più lentamente anche l’amica Manuela – racconta il pm – suor Mariangela la inonda di parole e il 14 dicembre ’98 si erge a figura materna di Eva. Già a gennaio del ’99 iniziano i riferimenti sessuali nelle lettere che Mariangela Farè continua a scrivere alla ragazza fino a scrivere “Eva la tenerezza è tanta e ci bagna tutte”». Poi si accorge di aver esagerato e torna indietro, secondo una tecnica che userà molte volte negli scritti e nei comportamenti, per poi inserire riferimenti religiosi che giustificano quel comportamento e, infine, chiedere a Eva stessa cosa ne pensa. Con il passare degli anni questi riferimenti saranno sempre più espliciti e pesanti così come i rapporti sessuali tra le due, per un breve periodo considerati consenzienti ma in gran parte no.
Spiegherà poi la pm Maria Cristina Ria che «il profilo psichico di Eva corrisponde a quello di una persona affetta da disturbo di personalità dipendente – spiega riprendendo la consulenza di parte – emerge nella mole di scritti e di racconti delle persone che l’hanno conosciuta. Eva è così sin dall’adolescenza e il disturbo diventa ancora più rigido quando diventa adulta. Necessità di essere accudita, è predisposta alla sottomissione per non perdere la considerazione degli altri. Dal ’98 al 2011 sviluppa una serie di legami da cui è dipendente in tutto e per tutto: prima con l’educatrice Roberta, poi con Mariangela Farè ma lo fa anche con don Alessandro Bonura che, quando decide di tirarsi indietro, provoca in lei lo scompenso che la porterà al suicidio».
Secondo il magistrato «questa inferiorità psichica della vittima prova che i rapporti sessuali avuti con la suora, in particolare quelli avvenuti nell’ultimo periodo, vanno configurati come abusi sessuali. Quel disturbo riduce in tutto o in parte la capacità di resistere. Mina il consenso consapevole al compimento di atti sessuali». La pm fa anche riferimento al video del rapporto tra le due in cui «la foga sessuale della religiosa si alterna a comportamenti tipici tra madre e figlia, a conferma della confusione dei ruoli ingenerata nella mente della ragazza»
Quando Eva cerca di ribellarsi, seguendo i consigli di don Alessandro Bonura e di Monica Guanzini che la mettono in contatto con l’ispettore Nanni del commissariato di Busto Arsizio, lei prima ammette le violenze e poi torna sui suoi passi per paura della suora e delle sue reazioni: «Eva era oggetto di stalking, di pressioni continue da parte della suora che la chiamava giorno e notte, entrava in casa sua con le chiavi che lei stessa le aveva dato e sapeva delle indagini nei suoi confronti».
Il dramma esistenziale di Eva, dunque, è stato sviscerato secondo la versione dell’accusa che è convinta di aver raccolto elementi a sufficienza per poter chiedere una condanna tanto pesante. Per le due pm la testimonianza chiave di don Alessandro Bonura è da ritenere credibile, le parole scritte a fiumi da Eva e dalla stessa suora sono credibili e bastano a fornire elementi in abbondanza per condannare la donna. Il 24 novembre toccherà alla parte civile, alla difesa e all’avvocato che difende la congregazione (anch’esse chiamate a rispondere, ndr) esporre le loro conclusioni. La sentenza è prevista per dicembre.
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