La Cgil contro il cambio di nome al Daverio Casula
anche il sindacato si esprime contro la cancellazione dei nomi della scuola
Riceviamo e pubblichiamo
Non sempre un nome vale l’altro. Ciò accade, per esempio, con i nomi delle istituzioni scolastiche, che custodiscono ideali, valori, memorie. I nomi dei personaggi a cui sono intitolate le scuole, come quelli delle strade e delle piazze delle città, raccontano storie, svelano vicende e identità di luoghi e comunità. Cancellare i nomi, allora, significa cancellare quelle storie e quelle identità.
Secondo quanto riportato dai giornali, l’ISIS “Daverio-Casula” di Varese starebbe per cambiare nome. La decisione sembrerebbe essere nata dall’esigenza di rafforzare il senso di appartenenza ad un’unica scuola in studenti e docenti di indirizzi diversi e solo di recente confluiti nella stessa istituzione scolastica.
Perché mai, ci chiediamo, per rafforzare il senso di appartenenza, la scuola dovrebbe cambiare nome?
Perché una rinnovata e più forte identità non dovrebbe più custodire pezzi di storia in cui si riconoscono tanti cittadini di Varese?
Cancellare i nomi di Francesco Daverio e Nuccia Casula, infatti, vuol dire strappare due pagine di storia, che raccontano del contributo dato alla lotta per la libertà e la democrazia da due varesini, nei due diversi momenti storici del Risorgimento e della Resistenza.
Cambiare i nomi, talvolta, è come abbattere monumenti che ricordano passaggi fondamentali nella storia di una comunità, storia che proprio la scuola ha il compito di tramandare alle nuove generazioni.
Segreteria FLC CGIL di Varese
Raimondo Parisi
Segretario provinciale Flc Cgil Varese
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e se il sindacato si occupasse del lavoro dei giovani e delle pensioni dei lavoratori….ai tempi della Madia e della Boschi.. Risorgimento e Resistenza, guerre civili della borghesia e di alcuni coraggiosi della prima ora ma molti dell’ultima, magari non interessato i ragazzi dall’incerto futuro. Magari hanno altri schemi mentali (è stato così anche per noi vecchi, giovani di altri tempi). Dar loro un altro senso di appartenenza non è una scelta di speranza, educativamente molto valida?