La ripresa è lenta e la Fiom prevede 250 licenziamenti nel 2016
Secondo i metalmeccanici della Cgil le pmi dell'indotto dell'elettrodomestico si preparano a pesanti ristrutturazioni

Guglielmo Sonno della Fiom conta e riconta. Ha la lista delle aziende dell’indotto dell’elettrodomestico stampata in testa. Anche per un sindacalista di lungo corso come lui, avvezzo a fare accordi durante le crisi più nere, contare i potenziali licenziamenti è un esercizio a cui non ci si può abituare. Soprattutto se gli esuberi – così i giuslavoristi chiamano in gergo i lavoratori che vengono licenziati – previsti per il prossimo anno sono tanti. Secondo i suoi calcoli saranno tra i 250 e i 300, stima che definisce «prudenziale».
In questo caso però Whirlpool non c’entra nulla. O meglio, solo in un caso, quello della V2 di Besozzo, che fino a ieri produceva i piani cottura per la multinazionale americana, produzione trasferita a Fabriano dopo la fusione con Indesit. «Se non ci saranno nuove commesse – continua il sindacalista – la vedo dura».
Sono vecchi nodi che ora vengono al pettine, legati alle cicliche crisi dell’industria del bianco. Ma se fino a qualche anno fa era possibile affrontarli e scioglierli grazie alla normativa sugli ammortizzatori sociali che consentiva “scivoli” molto lunghi per la ricollocazione dei lavoratori licenziati, oggi è tutto molto più complicato. «Il caso della Condenser di Ispra dove lavorano 90 persone – spiega Sonno – è emblematico. Nonostante un accordo per la cassa integrazione per un anno e la mobilità volontaria, l’azienda ha annunciato la chiusura per il prossimo agosto (continuerà a produrre a Lecco e in Polonia, ndr)».
Un’altra ditta di carpenteria di Besozzo ha già consegnato i libri in tribunale dopo aver perso gli appalti di due grosse multinazionali. E sono altri 40 lavoratori a spasso.
Da Ispra a Bardello, passando per Besozzo e Sangiano, la mappa delle ristrutturazioni disegnata dalla Fiom comprende per lo più piccole aziende del settore che hanno previsto tagli in alcuni casi fino al 50% della forza lavoro. Una situazione che sembra in contraddizione rispetto ai venti di ripresa dell’economia annunciati anche in provincia di Varese, ma che a ben guardare non lo è. La questione l’ha inquadrata bene il giornalista Dario Di Vico del “Corriere della Sera” durante l’ultima edizione di Glocal: la provincia di Varese, che ha resistito in modo straordinario alla crisi e può contare su un capitale industriale, associativo e di conoscenza notevoli, ha una ripresa molto lenta rispetto ad altri territori simili per caratteristiche economiche e sociali. In quella stessa sede Luigi Caricato, responsabile della comunicazione di BTicino, ha dato una risposta a quanto sta accadendo: la ripresa più lenta dipende dai mercati di riferimento a cui si aggiunge la transizione digitale, cioè un cambiamento di pelle che ci fa uscire dalla crisi completamente diversi rispetto a quello che eravamo.
In mezzo a questa transizione c’è anche l’impatto della riforma del mercato lavoro che preoccupa non poco la Fiom. Secondo i metalmeccanici della Cgil, la nuova normativa sugli ammortizzatori sociali non è in grado di garantire una copertura temporale adeguata in un momento dove la ricollocazione dei lavoratori licenziati è difficile. «Non sarà un 2016 facile per questa provincia – conclude Stefania Filetti (nella foto sopra), segretario provinciale della Fiom -. A questo punto ci aspettiamo che le istituzioni, a partire dalla Regione fino a ciò che è sopravvissuto dell’ente provinciale, mettano in campo strumenti per la riqualificazione e il sostegno del reddito di questi lavoratori».
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