Franco svizzero, un anno fa l’addio al cambio fisso

Dalla crisi del turismo alle buste paga dei frontalieri: gli effetti del super franco a dodici mesi dalla decisione della Banca elvetica

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È stata definita “terremoto” o “tsunami”, per rendere l’idea dell’impatto dirompente che ha avuto sull’economia e i mercati finanziari della Confederazione. L’inaspettata decisione della Banca Nazionale Svizzera di rinunciare al cambio minimo di 1,20 franchi per un euro, risale a un anno fa e precisamente alla mattina del 15 gennaio. 

Alla scelta di svincolarsi dalla soglia fissa è seguito un periodo difficile per le imprese svizzere che più hanno a che fare con l’estero come le industrie che esportano, le aziende che lavorano con il turismo e alcune tipologie di commercianti. Tuttavia, nonostante le previsioni negative, la Svizzera ha registrato nel 2015 una crescita dello 0,8 per cento e per il 2016 gli economisti ne prevedono un’ulteriore dell’1,5%.

Il cambio fisso era stato istituito nel 2011 proprio per contrastare gli effetti negativi di una moneta troppo forte, effetti che andavano a penalizzare le imprese elvetiche e soprattutto quelle che avevano rapporti con l’estero. Con la crisi economica che aveva colpito la zona euro, si era registrato infatti un importante aumento della domanda di moneta svizzera e di conseguenza il franco aveva intrapreso una costante corsa in salita. Come rimedio, l’introduzione di una soglia minima aveva permesso di contenere almeno in parte le conseguenze di questo squilibrio ma il provvedimento non poteva essere portato avanti all’infinito.

Oggi il cambio è a 1,09. Le conseguenze dell’andamento del super franco si avvertono però anche a livello locale: per gli italiani che vivono vicino al confine in questo momento non conviene andare in Svizzera a fare acquisti mentre viceversa per gli svizzeri fare spese in Italia è un’occasione di risparmio. Per i frontalieri il discorso è più complesso: se è vero infatti che da un lato le buste paga sono più ricche, è vero anche che la situazione di difficoltà delle imprese elvetiche può avere risvolti preoccupanti e influire su un mercato del lavoro che vede impiegati moltissimi italiani.

Maria Carla Cebrelli
mariacarla.cebrelli@varesenews.it

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Pubblicato il 14 Gennaio 2016
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