Gli alieni in Italia? Nel 1950 ad Abbiate Guazzone
Il ritorno in tv la serie evento X-Files, che analizza anche le prove sull'esistenza degli Ufo, fa riemergere dai cassetti della memoria il caso varesino
Tutti in fermento per il ritorno di X-Files (da martedì 26 gennaio su Fox), la serie tv che negli anni ’90 ha conquistato appassionati e scettici con le proprie teorie e prove sull’esistenza degli alieni. Ma forse non tutti sanno che gli Ufo non sono stati avvistati solo negli Stati Uniti: su tutti il primo ritrovamento di un “disco volante” del 1947 a Roswell, in Nuovo Messico. In pochi ricordano, o sanno, che uno dei primi avvistamenti in Italia avvenne il 24 aprile 1950 ad Abbiate Guazzone, frazione di Tradate in provincia di Varese.
Sul caso esistono testimonianze, racconti, disagi fisici del protagonista, intimidazioni a non parlare dell’accaduto, e anche strani oggetti di metallo spariti dopo essere stati analizzati. Tutti ingredienti di un perfetto X-File che potrebbero far invidia ai protagonisti della serie tv che sta per rinascere: Fox Mulder e Dana Scully.
Protagonista della vicenda del 1950, secondo le cronache, è Bruno Facchini, un operaio di 40 anni che era uscito dalla propria abitazione una sera, trovandosi di fronte a quello che in seguito ha descritto come un “disco volante”, con tanto di alieni. La prima fonte giornalistica sull’avvistamento risale però solo a due anni dopo, ed è apparsa sulla Domenica del Corriere del 24 agosto 1952.
Facchini negli anni ha raccontato ad alcuni giornalisti quatto accaduto. Si trovava appena fuori la propria abitazione quando fu attratto da uno strano scintillio, poco dopo che era cessato un forte temporale: credendolo un inconveniente di una vicina linea elettrica, si diresse verso la fonte di luce. Sul sito Ufo.it si legge che «arrivato sul posto, vide uno strano oggetto al suolo: era come una palla schiacciata, con la superficie “quadrettata da striscie verticali ed orizzontali, posti ad intervalli regolari”, che sembrava toccare terra solo tramite una scaletta esterna sorretta da due tiranti e conducente ad un’apertura rettangolare, illuminata, e dotata di un “portello aperto”. All’interno v’era un’altra scala, come pure dei tubi, delle bombole collegate in fila e dei manometri. L’oggetto era alto circa dieci metri: il teste si trovava a quattro/cinque metri di distanza. Presso la scaletta v’erano due esseri, un terzo era posto sopra una specie di “elevatore meccanico” e stava saldando un “mazzo” di tubi esterni all’ordigno, producendo lo scintillio che aveva notato il testimone».
«Quando mi avvicinai, vidi una immensa ombra nera, di forma semisferica (sembrava una palla con la parte superiore schiacciata) – racconta Facchini al giornalista Antonio Giudici che lo consultò anni dopo l’accaduto (come riporta il blog MisteroBufo) -. Proprio al centro c’era una scaletta, e dalla cima di essa proveniva una luce verdastra. Ora potevo guardare da vicino la fonte del lampo; infatti vidi con assoluta chiarezza un individuo che sulla sommità di un montacarichi pneumatico (del tipo fatto con una base, asta estendibile ed una piattaforma in cima), sembrava intento a fare un lavoro di saldatura. Notai che l’individuo indossava inequivocabilmente una tuta da immersione e una maschera. Sempre piu incuriosito, mi avvicinai e vidi altri due individui, che portavano a loro volta la tuta da immersione e la maschera, e si muovevano molto lentamente attorno all’apparecchio, il che mi indusse a pensare che le tute che indossavano, fossero molto pesanti per loro. L’apparecchio o “oggetto volante”, che era di colore scuro, aveva riflessi metallici quando era illuminato dalle scintille della saldatrice».
Facchini provò a comunicare con loro: «Dissi a quegli uomini che abitavo li vicino, e chiesi loro se avevano bisogno d’aiuto. Come risposta ottenni soltanto incomprensibili suoni gutturali».
Raccontò che all’altezza della bocca si vedeva un tubo che fuoriusciva dalla maschera, con un’apertura alla estremità. Erano alti un metro e settanta circa. «Mi resi conto che non poteva trattarsi di un aereo, e mi sentii sopraffatto da un senso di panico, e dalla voglia di scappare – spiegò ancora Facchini -. Ma dopo pochi passi mi voltai e mi accorsi che uno dell’equipaggio aveva afferrato una specie di macchina fotografica, che portava appesa al collo, e mi indirizzo un fascio di luce; continuai a correre, ma nello stesso tempo ebbi l’impresione di essere stato raggiunto da un corpo contundente o per essere piu preciso, da un potente getto ad aria compressa, e caddi a terra, per di piu proprio sullo spiglo di una delle pietre di confine che delimitavano i campi».
Tutto divenne buio e Facchini raccontò che vide la «navicella spaziale salire a una velocità incredibile, per poi sparire nell’oscurità». Tornò a casa sconvolto, ma il giorno dopo si recò nuovamente sul luogo dell’incontro per vedere cosa fosse rimasto. Scopri diverse tracce sul terreno, consistenti «in quattro impronte rotonde di un metro di diametro, disposte a quadrato e distanziate di circa sei metri. Notò anche dell’erba bruciata e alcuni pezzi di metallo, che raccolse, presumendo che fossero dei residui della saldatrice».
Bruno Facchini riferì l’episodio al quartiere generale della Polizia di Varese, ma sembra che gli sia stato detto di non raccontare nulla per questioni di sicurezza, per non allarmare la popolazione. Per questo vi sarebbe stato il silenzio per circa due anni. Sempre al giornalista Giudici, Facchini ha raccontato: «Ho fatto eseguire un’analisi del metallo trovato, e si é rivelato essere del “metallo antiattrito” o antrifrizione. Era metallo luccicante, con la superficie granulosa». Ma dai documenti sembra non vi fosse nulla di anomalo. Resta il fatto che quei reperti oggi non esistono più.
Facchini vide la sua vita sconvolta dopo quei fatti. Oltre a diversi disagi fisici che accuso negli anni, vi erano anche le numerose prese in giro in paese e nel circondario. Chissà che oggi, questo caso, non possa ricomparire in una puntata di X-Files.
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se andate su google cercate”1933 il disco volante che cadde su vergiate “trovate un lunghissimo articolo di alfredo lissoni……………………………………………………………..