Il Cardinale Scola “dedica” la chiesetta dell’ospedale

In centinaia hanno partecipato alla cerimonia per il rito nella cappella dell'ospedale, ricostruita dopo essere stata distrutta negli anni '80

Una chiesetta gremita di persone ha accolto il cardinale Angelo Scola alla “dedicazione” della chiesetta dell’ospedale Galmarini, ricostruita con l’aiuto di numerose associazioni e volontari dopo che la stessa era stata distrutta da un incendio negli anni ’80. La cerimonia riguardava la “dedicazione” ovvero un rito per consacrare la cappella e renderla “casa di Dio”.

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Il cardinale Scola all’ospedale di Tradate 4 di 16

Il tutto è avvenuto nella giornata mondiale mondiale del rifugiato e del migrante e infatti erano presenti alcuni richiedenti asilo che sono ospitati da diversi mesi all’istituto Barbara Melzi di Tradate, gestito dalle suore canossiane, con l’organizzazione che è curata dalla Croce Rossa di Varese con il contributo dell’amministrazione comunale tradatese. I ragazzi africani hanno poi incontrato personalmente il cardinale al termine della mattinata. 

Alla cerimonia con il cardinale Scola, avvenuta domenica mattina 17 gennaio, erano infatti presenti il sindaco Laura Cavalotti e gli assessori Luigi Luce e Giuseppe Scrivo, insieme al sindaco di Venegono Inferiore, Mattia Premazzi, e di Venegono Superiore, Ambrogio Crespi. Presenti anche il presidente del consiglio regionale, Raffaele Cattaneo, il senatore Stefano Candiani.

Tra i rappresentanti dell’associazione Amici dell’ospedale, vi era anche l’ex sindaco Ferdinando Lucioni, che ha simbolicamente consegnato al Cardinale le chiavi della cappella. Mentre del mondo religioso erano presenti il parrocco di Tradate, don Gianni Cazzaniga, il cappellano dell’ospedale, don Enrico Rabolini, e il vescovo monsignore Luigi Stucchi (ex parroco della città).

«La cerimonia di oggi ha un finalità molto speciale e particolare – ha spiegato il Cardinale -. Come avete notato si è innestato il rito di dedicazione di una chiesa. Un gesto che “dedica” questo luogo a Dio, per mettersi al riparo e per renderlo espressione materiale di quella Chiesa che siamo. Ma noi sappiamo che queste pietre siamo noi, sono i cristiani. L’interlocutore principale di ogni ospedale è il malato e ci auguriamo che la nostra salute sia messa sempre in relazione con la nostra parte spirituale. Questo simbolo è quindi per tutti loro, per malati e per tutte le persone che nel silenzio si occupano di loro». 

Manuel Sgarella
manuel.sgarella@varesenews.it

 

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Pubblicato il 17 Gennaio 2016
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