La fiducia di Chris Wright: “Varese, c’è tempo per sistemare le cose”
Primo allenamento a Masnago per il nuovo play della Openjobmetis: "L'anno scorso a Pesaro ho fatto un'esperienza utile per capire il basket italiano. Moretti? Mi ha chiesto di costruire gioco"
Alla fine di un allenamento di oltre due ore – l’ultimo a porte aperte di questa settimana che precede la sfida con Capo d’Orlando – Chris Wright mostra un po’ di fatica ma recupera presto il sorriso. Un sorriso che, si spera, torni anche ai tifosi di una Openjobmetis Varese che in campionato deve lottare per evitare la retrocessione e che per questo si affida anche al playmaker ex Georgetown, il cui tesseramento è stato depositato e che quindi sarà in campo con la maglia numero 11 contro i siciliani (domenica 14, ore 18,15).
«Non ho ancora avuto il tempo di ambientarmi in città – spiega Wright a bordo campo, appena terminata la prima seduta varesina – anche se qui ho già giocato e vinto sia con Villeurbanne, sia con Pesaro l’anno scorso, quando la mia squadra giocò davvero un gran match. Adesso sono qui per Varese – prosegue – ho avuto modo di scambiare qualche impressione con i miei nuovi compagni e da loro ho avuto la conferma di una grande attenzione ai giocatori da parte della società».
Tra gli uomini a disposizione di Moretti, Wright ne conosce bene uno in particolare: «Maalik Wayns: con lui ho una lunga storia di partite giocate tra squadre avversarie, ci incrociamo da molti anni e ora giocheremo insieme». E nello stesso ruolo, pur dovendo spesso convivere nel quintetto: «Ho parlato oggi con l’allenatore, per la prima volta in modo approfondito: il coach mi ha chiesto fondamentalmente di fare il playmaker, proprio nel senso di costruttore di gioco. Per il resto non amo molto le etichette: cerco di fare quello che mi viene chiesto».
Lo scorso anno Wright giocò il girone di ritorno con la Consultinvest Pesaro e contribuì i marchigiani a evitare la retrocessione: buon viatico, si spera, anche per il suo passaggio a Varese. «Quella fu un’esperienza che mi ha aiutato a formarmi: credo che ci sia tanto da imparare sia dalle vittorie sia dalle sconfitte, dalle stagioni buone e da quelle difficili. Avere già giocato in Italia mi aiuta a capire le dinamiche del vostro basket, spero di mettere a disposizione della squadra ciò che ho imparato. So che la classifica non è molto positiva ma sono anche certo che i ragazzi fino a qui non hanno fatto mancare l’impegno, inoltre mancano ancora tante partite alla fine del campionato e penso ci sia margine per migliorare».
Quando gli si chiede se sente su di sé la pressione del pubblico, il 26enne americano spiega: «No, nel senso che il pubblico non deve aspettarsi molto da me, bensì deve aspettarsi molto dalla squadra della quale io faccio parte e che cerco di migliorare». Vedremo quanto questo avverrà fin da domenica e da mercoledì 17, giorno del primo ottavo di finale di Fiba Europe Cup; Wright ammette di essere curioso di capire a che livello fisico si trova: «Dopo l’esperienza in Israele mi sono allenato per diverso tempo con una formazione di D-League, quindi dal punto di vista atletico mi sento bene, pronto. Però so bene che il ritmo di una partita ufficiale è sempre diverso, più intenso, per quanto uno si alleni bene: vediamo se lo ritroverò subito». Ma del resto, il primo atleta capace di arrivare in NBA pur avendo diagnosticata la sclerosi multipla, può lasciarsi alle spalle con facilità anche un pizzico di ruggine.
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