Cortisonici 2016, la serata “Inferno” dedicata ai Fratelli Castiglioni
La sezione notturna del festival varesino sarà dedicata al lavoro dei due archeologhi varesini, ad un mese dalla scomparsa di Alfredo
Ad un mese dalla scomparsa di Alfredo “Inferno Cortisonici” rende omaggio ai Fratelli Castiglioni, archeologi ed etnologi di fama internazionale che hanno raccontato con i loro documentari il continente nero. Giovedì 31 marzo Inferno Cortisonici, sezione del festival varesino dedicata al cinema invisibile, fuori formato e distante dalla comuni visioni, proietterà alcuni dei loro lavori video nella nottata “Addio ultima Africa – Omaggio ai Fratelli Castiglioni”. L’appuntamento è dalle 23 alle Cantine Coopuf (Via De Cristoforis 5).
Di seguito un ritratto scritto dal critico cinematografico Marcus.
Antropologi, archeologi ed etnologi, i gemelli Angelo e Alfredo Castiglioni (classe 1937) dopo gli studi, alla fine degli anni Cinquanta, hanno iniziato ad esplorare il cosiddetto Continente nero. Un vero amore, quello per l’Africa, perché da un primo viaggio, nel 1956, su quel suolo hanno passato gran parte della loro vita tra studi, esplorazioni e “semplice” passione. La scoperta di luoghi del passato, popolazioni autoctone e cimeli hanno permesso di arricchire la loro competenza e di far conoscere al mondo intero (e in primis a noi italiani) un’Africa che già allora stava mutando rapidamente. Le mille tribù, le loro abitudini: un mondo a noi ignoto che i fratelli Castiglioni ci hanno fatto scoprire e comprendere attraverso cinque film realizzati tra il 1969 e il 1982 (“Africa segreta”, “Africa Ama”, “Magia Nuda”, “Addio Ultimo uomo” e “Africa dolce e selvaggia”).
Un cinema di genere documentaristico, il loro, che venne realizzato secondo i dettami di quegli anni e inseguendo un certo sensazionalismo talvolta stucchevole, ma all’epoca essenziale ai fini commerciali (“Mondo cane” di Gualtero Jacopetti, in questo senso, aveva aperto una strada che i produttori inseguirono). Nelle cinque pellicole sono mostrati senza alcuna censura usi e costumi di popolazioni indigene, principalmente africane: un mondo rimasto quasi primitivo e per i nostri occhi quantomeno sorprendente. L’Africa nera raccontata dai fratelli Castiglioni, bisogna dirlo, è un pugno allo stomaco, ma lo è solo per noi “civilizzati” e inariditi nel nostro conformismo. Ci farà forse un po’ sorridere vedere delle capanne costruite con mattoni di sterco e, più facilmente, inorridire di fronte agli usi alimentari di alcune tribù; alle scarnificazioni ornamentali sui loro corpi (mutando spesso i loro già marcati tratti negroidi); alla selvaggia caccia per sostentamento e ai numerosissimi riti violenti (circoncisioni, infibulazioni, limatura dei denti a scopo decorativo, anelli conficcati nel corpo) in nome di credenze popolari o, più semplicemente, frutto dell’ignoranza. Ne “Addio ultimo uomo” (1978) venne mostrata in tutta la sua raccapricciante trivialità un’evirazione, un fatto che fece discutere sulla veridicità della scena i giornali dell’epoca. Tra le tante immagini shock viste nei loro film rimarrà (forse) negli annali quella di un elefante martoriato e poi abbattuto con delle lunghe lance da una tribù di cacciatori. Lo hanno fatto per fame, per necessità, per contendersi un lembo di carne, ma vedere quel gruppo di uomini nudi e supini tra le maleodoranti viscere del pachiderma smembrato è e sarà, volente o dolente, un emblema del loro cinema. In tutto questo campionario degli orrori c’è però il rovescio della medaglia: la poesia di un villaggio al tramonto africano, la statuaria bellezza dell’uomo che danza nella sua intatta natura, una vita di stenti ma dignitosa. L’epilogo è però di quelli tristi perché su quell’Africa è calato ormai il sipario e, prima della definitiva estinzione, Angelo e Alfredo ce l’hanno fatta guardare per l’ultima volta. (®Markus, 2016)
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