Laura Morante al Baff: “Il cinema d’autore è morto e i giovani non lo conoscono”

L'attrice e regista al Baff con il suo ultimo film "Assolo", ha raccontato la sua carriera tra Francia e Italia: "Qui abbiamo bravi registi ma manca una cultura del cinema tra le nuove generazioni"

Sguardo che sfugge dietro gli occhiali da sole e un foulard a coprirle il collo nonostante il sole tiepido di primavera. Laura Morante nella vita è come sul set, una donna che non ha bisogno di mettersi in mostra ma che colpisce con la sua voce calda e la sua grande cultura.

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Laura Morante al Baff 2016 4 di 9

Si è presentata così ai flash dei fotografi l’artista grossetana che nella sala conferenze dell’Istituto cinematografico Antonioni si è sentita subito a suo agio. Attorniata dal direttore del festival Steve della Casa, dal sindaco Gigi Farioli e dal presidente Alessandro Munari ha risposto alle domande dei giornalisti e degli studenti della scuola di cinema.

«Sono stata di recente in due scuole superiori e i ragazzi non sapevano chi fosse Carmelo Bene o Michelangelo Antonioni, qui non c’è bisogno che spieghi chi sono – esordisce subito l’attrice – forse in questo paese non si sta abbastanza attenti alle memoria». I grandi nomi con cui ha lavorato sono quelli di Bertolucci, Nanni Moretti, Gianni Amelio, Castellitto ma anche stranieri come Malkovich o Resnais e molti altri francesi che l’hanno scelta per i loro film. Baff 2016 laura morante

Laura ha raccontato i suoi esordi, quando da ballerina si è ritrovata  a calcare i primi set di quel cinema d’autore che aveva tanto successo all’estero: «Il mio primo ruolo fu con Giuseppe Bertolucci, facevo la tossica in stazione a Milano. In Italia quei film non erano considerati molto dal grande pubblico ma all’estero venivano considerati capolavori – racconta – per questo ho iniziato la mia carriera all’estero: per molti registi avere l’attrice di Bertolucci era considerato un vanto».

Oggi che quel cinema d’autore non esiste più la Morante non ha particolari rimpianti e confessa: «A dispetto dell’immagine che si può avere di me io amo la commedia – racconta – non quella ridanciana fine a se stessa ma quella che tratta temi importanti. Il cinema d’autore in Italia è morto da tempo anche se abbiamo ancora bravi registi».

Al Festival porta il suo secondo lavoro da regista dal titolo “Assolo” a 4 anni di distanza dal suo debutto dietro la macchina da presa con Ciliegine: «Una storia in cui mi sono tagliata un ruolo che mi ridicolizza – racconta – in molti mi hanno chiesto perchè mi fossi scritta un ruolo del genere ma a me piace il ridicolo».

 

Orlando Mastrillo
orlando.mastrillo@varesenews.it

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Pubblicato il 12 Marzo 2016
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