Legge contro lo spreco alimentare, è il momento della verità
Intervista all'onorevole Gadda, firmataria del provvedimento che sarà votato nelle prossime ore. «Così rendiamo più facile la donazione di cibo: è l'eredità politica di Expo»

Se fossimo a una gara di ciclismo, ci troveremmo sotto la flamme rouge, il drappo rosso che segnala ai corridori l’ultimo chilometro. Qui però non parliamo di pedali, ma di una legge che sarà votata nelle prossime ore – tra mercoledì 16, sera, e giovedì mattina – che è destinata ad aiutare chi ha bisogno, e che – non guasta – ha un’anima varesotta. Parliamo della nuova regolamentazione che mira a combattere lo spreco alimentare, la cui prima firma è quella di Maria Chiara Gadda, parlamentare di Fagnano Olona eletta con il PD.
Onorevole Gadda, facciamo una premessa: dove si annida lo spreco alimentare nel nostro paese?
«Si può suddividere la fonte dello spreco in due parti: il 53% avviene nei vari passaggi della filiera economica, tra produzione, distribuzione e somministrazione. Il restante 47% invece deriva da comportamenti tenuti tra le mura domestiche. La legge cerca di intervenire su entrambi questi “rami”».
Qual è la situazione in Italia, a riguardo?
«Ci tengo a dire che nel nostro Paese si fa già molto in questo campo. Non siamo per nulla fanalini di coda, anzi: in Italia ogni anno si recuperano 500mila tonnellate di cibo con tante diverse iniziative. Purtroppo lo spreco ammonta ugualmente a 5 milioni di tonnellate; l’augurio è che questa legge riduca questo valore, e aumenti quello del recupero».
Come è articolata dunque la sua legge.
«Innanzitutto è piuttosto complessa per più motivi: da un lato si rivolge agli operatori economici con una serie di incentivi e facilitazioni, dall’altro prevede alcuni interventi per sensibilizzare il recupero di cibo a livello privato. E poi la complessità deriva dal fatto che in questo campo sono coinvolti tantissimi soggetti e tantissime tipologie di prodotti alimentari: nei vari paragrafi abbiamo cercato di comprendere tutto questo».
Parliamo dei cosiddetti soggetti economici, cioè le aziende. Dove la legge facilita la donazione del cibo invenduto?
«Finora le donazioni con un controvalore superiore a 15mila euro dovevano essere precedute di cinque giorni da una dichiarazione preventiva che complicava molto la vita. Ora si può donare quando si hanno a disposizione eccedenze senza pastoie burocratiche al di là di uno scontrino (a zero euro) o di un semplice documento di trasporto: la comunicazione riepilogativa viene redatta a fine mese, in base a quanto effettivamente donato. Con il regolamento precedente era complicatissimo gestire i prodotti freschi, ora è più semplice. Inoltre fino a oggi solo le Onlus erano autorizzate a ricevere la donazione, ora anche altre associazioni possono accedervi, purché abbiano finalità socio-assistenziali Altra cosa: le stesse associazioni da oggi potranno cogliere sul campo frutti e verdure che non vengono raccolte, grazie ad accordi con gli agricoltori. E poi si dice con chiarezza che il pane può essere donato, entro le 24 ore dalla sua preparazione».
Che altri tipi di vincoli ci sono?
«Quelli relativi alla sicurezza alimentare, perché le regole sotto questo profilo vanno sempre rispettate, e quelle sulla tracciabilità. È infatti necessario che venga evitata ogni forma di evasione».
Passiamo all’attenzione ai privati cittadini: cosa prevede la legge?
«Agiremo sull’educazione dei consumatori in vari motivi. Con la comunicazione, per spiegare – ad esempio – che i cibi per i quali si usa la dicitura “consumare preferibilmente entro” possono essere consumati anche dopo la data indicata. E poi con un fondo in capo al Ministero dell’Agricoltura incentiveremo i progetti sull’uso delle family bag: la possibilità cioè di portare a casa, dal ristorante, il cibo non consumato. Serve uno scatto culturale: non dobbiamo vergognarci di ciò (e comunque il ristoratore è costretto a buttare gli avanzi dei nostri piatti ndr)».

Come è stato l’iter della legge fino a qui? Le altre forze politiche l’appoggeranno?
«Devo dire che il lavoro in commissione è stato interessante e proficuo. La mia è stata la prima proposta, ma cammin facendo abbiamo integrato suggerimenti ed emendamenti avanzati da diversi colleghi. Il clima è stato costruttivo da parte di tutte le forze politiche e l’argomento mi sembra sinceramente sentito; poi vedremo il voto dell’aula, ma mi auguro che per una volta ci sia unità da parte di ogni schieramento».
La legge regolamenta anche i soggetti destinatari delle derrate recuperate?
«Il faro della legge è la sensibilità sociale. Lasciamo una certa libertà fatti salvi quei paletti – sicurezza e tracciabilità – di cui parlavo prima; con questo regolamento cerchiamo di favorire al massimo i contatti tra chi dona e chi riceve. E permettiamo anche la cessione di cibi tra un’associazione e un’altra, quando è necessario».
Per chiudere, non mi ha detto da dove le è venuta l’idea e la voglia di imbarcarsi in questa avventura legislativa.
«Beh, un po’ dal nostro territorio, perché negli anni ho conosciuto diverse realtà già attive in questo campo: il Varesotto porta tanti esempi positivi. E poi con Expo: ritengo che questa legge sia un po’ la eredità politica della rassegna di Milano 2015, che non a caso era incentrata su queste tematiche specifiche. Non è un caso che l’iter iniziò proprio dopo l’apertura di Expo».
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