Corruzione in sanità: coinvolto il 37% delle aziende sanitarie
Il dato emerge nel progetto «Curiamo la corruzione» curato da Transparency International Italia,Censis, ISPE-Sanità e Rissc. Gli ambiti a rischio: gli appalti e l'assunzione di personale
Il problema della corruzione in sanità è grave. Nel 37% delle aziende sanitarie italiane si sono verificati episodi di corruzione negli ultimi cinque anni, e in circa un terzo dei casi non sono stati affrontati in maniera appropriata.
Ad affermarlo sono gli stessi dirigenti delle 151 strutture sanitarie ( 29 lombarde) che hanno partecipato all’indagine sulla percezione della corruzione realizzata nell’ambito del
I dati sono stati presentati a Roma nel corso della prima Giornata nazionale contro la corruzione in sanità alla presenza, tra gli altri, del Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, del Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione Raffaele Cantone e del Sottosegretario all’Istruzione, all’Università e alla Ricerca Davide Faraone.
Il progetto (www.curiamolacorruzione.it), sostenuto dalla Siemens Integrity Initiative, promuove una maggiore trasparenza, integrità e responsabilità individuale e collettiva nella sanità attraverso attività di ricerca, iniziative di formazione e comunicazione sul territorio, sensibilizzazione dei decisori pubblici e privati, sperimentazione di misure anticorruzione nelle strutture sanitarie pilota di Bari, Melegnano, Siracusa e Trento.
Il 77% dei dirigenti sanitari ritiene che ci sia il rischio concreto che all’interno della propria struttura si verifichino fenomeni di corruzione (e questo rischio è giudicato elevato dal 10% di loro).
Due sono gli ambiti che si prestano maggiormente alle pratiche corruttive: quello degli appalti e quello delle assunzioni di personale.
Al primo posto, l’83% dei dirigenti sanitari indica i rischi che si annidano negli acquisti di beni e servizi e il 66% nella realizzazione di opere e infrastrutture, mentre il 31% sottolinea la possibilità che si seguano scorciatoie illecite nelle assunzioni.
Molto è stato fatto negli ultimi anni per prevenire i casi di corruzione in ambito sanitario. Il 97% delle strutture sanitarie ha adottato uno specifico Codice di comportamento dei dipendenti integrativo rispetto a quello previsto per i dipendenti pubblici, il 93% ha predisposto un Regolamento per le procedure d’acquisto, il 92% afferma che nella propria struttura esistono procedure trasparenti per l’aggiudicazione degli appalti, l’85% ha previsto procedure per la segnalazione di casi di corruzione e azioni a tutela dei dipendenti che le effettuano (i whistleblower).
L’esame dei Piani anticorruzione, previsti dalla L. 190/2012, di 230 aziende sanitarie rivela però che nel 40% dei casi si sono limitate a un adempimento formale dell’obbligo di legge, non inserendo all’interno del Piano né l’analisi dei rischi di corruzione, né le misure di prevenzione, mentre il 33% ha svolto un’analisi parziale e solo una struttura sanitaria su quattro ha risposto in pieno al dettato normativo. Probabilmente anche per questo il 35% dei dirigenti sanitari ritiene che il Piano non impatti in maniera decisiva sulla diffusione della corruzione.
La sanità fa gola per l’ingente valore della spesa pubblica, pari a 110 miliardi di euro l’anno. Le voci di spesa per beni e servizi che non incidono direttamente sull’assistenza sanitaria e non sono collegati all’efficacia dell’intervento, come quelle per la mensa, la lavanderia e la gestione dei rifiuti speciali, assorbono risorse consistenti. Dall’analisi dei conti economici di Asl e Aziende ospedaliere emerge che dal 2009 al 2013 gli sprechi in questi settori sono diminuiti in media del 4,4% l’anno, ma la loro incidenza rispetto alla spesa complessiva non si è ridotta. Tali sprechi nelle spese non direttamente collegate all’efficacia delle cure ammontano a 1 miliardo di euro l’anno: risorse che potrebbero essere altrimenti destinate alla salute dei pazienti.
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