Gibilisco, il sindaco baby amico di Papa Woytila e Guttuso
Giovane avvocato di Cielle ha guidato la città con capacità, regalandole momenti importanti come la salita al Sacro Monte di Papa Giovanni Paolo II e il conferimento della cittadinanza onoraria al pittore siciliano

Giuseppe Gibilisco non ha sgomitato per sbarcare a Palazzo Estense: prima assessore e poi addirittura sindaco senza che all’esterno si sapesse di dure lotte in Comunione e Liberazione per il posto al sole. Era noto invece che per la prima poltrona nel Comitato cittadino c’erano i sostenitori di un altro giovane ben preparato e che dava e avrebbe dato il suo contributo alla città: Riccardo Broggini. (foto: il sindaco Gibilisco riceve il Varese Calcio a Palazzo Estense)
Ossola era ben saldo al timone della Giunta, ma pare che il concorso di più partiti alla gestione della città non ricreasse per lui il clima della vita non beata, ma più semplice che nasceva da schieramentI non numerosi di partiti. Se si aggiunge che Ossola non era del tutto convinto delle aperture del Pci e al Pci, si può capire lo stato d’animo di un vecchio leader che amava le parole sino a quando erano veramente necessarie. Fu così che abbreviò il suo mandato e tornò sui banchi come consigliere.
Prima di andarsene, nella seduta del Comitato che a scrutinio segreto avrebbe indicato il nuovo sindaco, Ossola propose come suo successore Gibilisco, che aveva lavorato con lui come assessore al commercio. Il nuovo sindaco – era Pippo o Gibì per amici e conoscenti – era un avvocato molto giovane e all’inizio non suscitò entusiasmi poi non solo fece onore all’indicazione di Ossola, ma avrebbe lavorato per sette anni con il vento in poppa grazie a un avvenimento eccezionale come la visita di Papa Woytila a Santa Maria del Monte, alla esplosione della vicenda Guttuso, che ebbe pure risvolti internazionali, e a vere bombe culturali – grandi mostre – dovute alla passione, alla grinta di uno vulcanico siciliano come l’assessore Salvatore Caminiti.
Tra un avvenimento e l’altro Gibilisco si impegnò per una notevole serie di interventi viabilistici molto richiesti: erano anni in cui l’invasione delle auto cominciava a rendere corto il respiro della città. Si può dire che la sua sia stata una gestione tranquilla e tuttavia, almeno sino alla scadenza del suo primo mandato, contraddistinta da una clamorosa novità di portata nazionale: l’astensione “attenta” del partito comunista, evento che non aveva precedenti sin dalla giunta Dall’Ora. Era in atto una evoluzione della politica del Pci che probabilmente chiedeva dei riscontri.
E i primi vennero cercati probabilmente solo a Varese. L’esperimento non venne rinnovato con la seconda gestione Gibilisco, ma è un fatto che in ogni modo ci sarebbero state situazioni che non avrebbero più visto approcci dc-pci tipo quelii raccontati da Guareschi e che erano stati evitati anche da Mario Ossola
Si può dire che il santo patrono di Gibì sia stato monsignor Macchi: la visita del Papa pellegrino con tanto di recita del rosario lungo la Via Sacra è stata un evento storico. Tra l’altro con un particolare divertente: Giovanni Paolo II pregando saliva veloce mettendo alla frusta l’intero seguito eccezion fatta per monsignor Macchi e i più giovani del folto gruppo di oranti.
Don Pasquale aveva anche affidato a Renato Guttuso, silenzioso ospite di Velate da più di venti anni, il rifacimento della deteriorata Fuga in Egitto alla terza cappella, che nella versione rivoluzionaria dell’artista offriva un san Giuseppe in versione fedayn: si scatenarono polemiche e ci fu pure l’attenzione della critica internazionale. Una incredibile visibilità per Varese e i suoi amministratori.
Renato Guttuso riscoperto cittadino di Varese venne omaggiato da autorità e popolo: una rassegna che comprendeva sue opere venne visitata da Andreotti che tempo prima aveva segnalato all’amico Ernesto Redaelli le difficoltà burocratiche che il grande pittore incontrava per alcuni lavori nel suo studio di Velate. Telefonata di Redaelli a Gibilisco che colse l’occasione per rimediare all’apatia dei varesini verso un artista illustre. Fu vero boom di partecipazione e interesse vero per Guttuso, un colpo gobbo di Gibì sottolineato da una serie di iniziative intelligenti che ebbero una sintesi trionfale nella cittadinanza onoraria conferita al pittore che per anni aveva vissuto e lavorato con noi proteggendo la sua vita privata: non aveva nemmeno il telefono, solo pochi sapevano che per poterlo incontrare era indispensabile il filtro del suo parrucchiere, che aveva il negozio poco lontano e fu sempre formidabile e affidabile custode di segreti.
Memorabile anche la grande mostra dedicata al Cairo: chi pensava che Gibilisco sarebbe durato poco o non avrebbe lasciato traccia del suo passaggio a Palazzo Estense rimase sorpreso e sbalorditi lo furono certamente a Milano dove Gibilisco venne mandato dopo l’esperienza varesina. Incontrarono infatti una persona molto, ma molto per bene. Chiusa la sua carriera politica il primo sindaco baby di Varese ha continuato quella di avvocato che non aveva mai lasciato pensando al futuro suo e della sua famiglia.
Possiamo dire che sono stati i tempi di una CL ancora semplice, genuina, che non conosceva meandri e agguati di una politica che cominciava a incamminarsi verso l ‘autodistruzione con problemi enormi per il Paese compresi quelli legati alla “notte della repubblica“, come la avrebbe definita il grande Sergio Zavoli e che a Varese avrebbe visto sangue e dolore per non poche famiglie.
A Varese agli scandali della Prima Repubblica, alla depressione generale aveva fatto da argine il piccolo tsunami della Lega che prometteva grandi cambiamenti, una rivoluzione culturale. Ci si misero di buzzo buono quelli del Carroccio. Ma un conto è demolire, un altro è costruire. E se da allora i bilanci cittadini non sono stati entusiasmanti non va dimenticato che a non costruire è stato l’intero Centrodestra dove erano affluiti gli eredi di Gibilisco.
Grandi cariche e onori a Milano, ma qui da noi in periferia chi pensava al giovane sindaco che aveva guidato bene la città non poteva non rimarcare la concretezza dell’aiuto alla città dato in passato dai cattolici rispetto al vuoto culturale e di risultati di un successivo lungo periodo nel quale essi non hanno nemmeno alzato la testa per protestare.
È andata così, speriamo non peggiori.
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