Perizia sul presunto uxoricida Argenziano
Chiesta la scarcerazione al tribunale del riesame per il disoccupato 40enne

L’indagine sulla morte di Stefania Amalfi, la donna di 28 anni deceduta in casa lo scorso anno, e che secondo la procura è stata uccisa dal marito Alessandro Argenziano (nella foto), entra nel vivo. Il Gip di Varese ha convocato, per il prossimo 18 maggio, un’udienza in cui conferirà a un perito l’incarico di stilare una relazione sullo stato di salute psichica dell’indagato.
E’ probabile che il giudice chiederà se Argenziano sia in grado o meno di sopportare la detenzione carceraria, ma non si esclude una analisi più approfondita sullo stato di salute psichica generale del presunto omicida. Il suo avvocato difensore, Stefano Amirante, già da tempo ha chiesto alla procura di valutare se l’uomo sia o meno in grado di sostenere un interrogatorio. In considerazione di questa richiesta, per ben due volte, il suo cliente si è avvalso della facoltà di non rispondere.

(La casa di via Conca d’oro dove fu trovata morta la donna)
La strategia della difesa, a questo punto, comincia a delinearsi. Il pm Sabrina Ditaranto, e la squadra mobile, accusano Argenziano di aver sfruttato lo stato di soggezione psicologica della Amalfi e di averle fatto prendere un farmaco, il Rivotril, che ne avrebbe aggravato le sue difficoltà respiratorie, favorendo dunque il proposito del marito di soffocarla durante il sonno.
Secondo la difesa, che ha presentato un articolato ricorso al tribunale del riesame per chiedere la scarcerazione, non vi sarebbe la prova del delitto nelle carte della procura. L’autopsia, sempre secondo la difesa, non avrebbe del tutto accertato l’omicidio volontario e non si potrebbe escludere nemmeno la morte naturale, in conseguenza di una crisi respiratoria.
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