Una Varese un po’ cicala e un po’ ganassa

C'era chi diede l'assalto al piano regolatore e chi invece pensava al futuro della sua città

Le foto storiche di Varese (inserita in galleria)

L’avventura amministrativa di Palazzo Estense dopo i primi due round, protagonisti Cova e Dall’ Ora – forse ci sta il  termine pugilistico considerate la durissime contrapposizioni politiche nazionali – stimolò l’attenzione di giovani professionisti: tutti avevano fatto scelte meditate per  la loro carriera ed è un fatto che Varese si ritrovò con  una squadra folta e ben preparata di   avvocati, architetti, medici, ingegneri, docenti, notai, commercialisti, consulenti finanziari e anche di diplomati che li supportavano nell’esercizio delle loro professioni. E se brillava questo pianeta era altrettanto luminoso quello del lavoro: un vero alveare fortemente operoso di artigiani, piccoli e medi industriali, di commercianti che rappresentavano a loro volta benissimo la città con un gusto, uno slancio nelle loro attività addirittura sbalorditivi: notevoli i risultati pratici che avrebbero concorso al grande boom di Varese degli Anni 60.

Un boom che  sarebbe stato una overdose di orgoglio con un risvolto negativo: ci saremmo accontentati di successi nazionali di nostri politici senza badare a eventuali positive ricadute per noi; ci saremmo fatti belli della nostra fama di gente di lavoro sopraffina senza chiedere allo Stato quello – ed era molto – di cui la comunità necessitava. Una Varese un po’ cicala e un po’ ganassa: quando successivamente ci sarebbe stata impellente necessità di aiuto la politica che ci aveva usati come bandiera ci avrebbe mollato. E noi si ebbe il torto di accettare in silenzio quella che è stata una vera ingiustizia.

L’assalto alle aree edificabili cittadine creò danni ancora oggi visibili, l’arrivo dei professionisti nelle giunte e nei consigli comunali introdusse la cultura urbanistica, di errori ce ne sarebbero stati ancora, ma ci furono reazioni importanti  come quando si passò da un piano regolatore che prevedeva 1 milione di abitanti  (una vera pacchia per la brigata del cemento) si riuscì a scendere a uno da 200 mila. Ma c’era anche chi pensava con credibilità al futuro di Varese: la guida degli ospedali affidata ai cittadini per i suoi eccellenti risultati stimolò i grandi industriali a imponenti donazioni. Tra il vasto numero di varesini dal grande cuore e di pari capacità gestionale ma estranei al mondo professionale ricordo come esempi bellissimi Salvatore Furia, lo scienziato, senza laurea, delle stelle; Dante Trombetta vulcanico presidente di un  ospedale indimenticabile per scienza e accoglienza nazionali e infine il  professor Domenico Bulferetti che con l’Ateneo Prealpino preparò centinaia di giovani che sarebbero stati fondamentali per le strutture amministrative delle aziende.

In passato sono state percorse numerose vie per raggiungere importanti traguardi, quasi tutti gli errori ci hanno fatti saggi per un buon periodo, oggi mi sembra che in molti cittadini e in qualche politico ci siano stanchezza e delusione.

E oggi come ai tempi  di Cova e  Dall’Ora ci sono forti  tempeste politiche, partitiche e anche economiche che ci tormentano. Si può dire inoltre che si vive di molte tensioni che nascono dal male più antico che affligge l’Italia: la corruzione. I nostri avi l’hanno usata  anche per le vittorie militari. Se nella decisiva terza guerra punica per vincere a Zama dai romani non  fosse stata “comperata” la cavalleria numida, probabilmente avrebbero  vinto i cartaginesi.

Noi a Varese  abbiamo visto blindare due sindaci che per se stessi non toccarono mai una lira, ma ho sentito anni fa raccontare di un leggendario e impunito Arsenio Lupin delle nostre zone che nulla aveva a che fare con l’ urbanistica ma conosceva evidentemente il piano regolatore  se  offriva  o imponeva consulenze per l’ acquisto di  aree e la loro  edificazione.

Leggi lo speciale I sindaci di Varese

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Pubblicato il 06 Maggio 2016
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