Brexit, il “colpo gobbo” che ci mette in crisi
La preoccupazione delle imprese di Confartigianato Varese per la Brexit. L’intervento del Presidente Davide Galli
Ci siamo mossi da subito sulle nostre imprese, quelle che hanno rapporti consolidati di export con il Regno Unito, e per ora le riflessioni sul post Brexit sono altalenanti. Tutte hanno già contattato i loro fornitori d’oltremanica per raccogliere i primi pareri a caldo e capire come potersi muovere per evitare scossoni troppo pesanti. Senza dubbio ci vorrà qualche settimana per metabolizzare questa scelta inglese, ma di certo le complicazioni anche sull’economia varesina arriveranno. Perché questo risultato è un “colpo gobbo” a tutte le imprese europee. I settori più interessati saranno il food, il contract (tanti studi di architettura hanno sede a Londra), la meccanica: i contratti andranno rinegoziati e non si sa a quali condizioni.
Per le imprese è possibile arriveranno certificazioni obbligatorie e nuovi dazi, la tutela del brevetto europeo potrebbe cadere, si arriverà a sottoscrivere nuovi accordi bilaterali per le imposte indirette e un’intesa bilaterale tra Regno Unito e Bruxelles, come già accade con la Svizzera, per regolarizzare gli scambi commerciali. Nulla sarà più lo stesso perché si dovranno riconsiderare e ripensare i parametri che, fino ad oggi, hanno dato vita ad un interscambio conveniente. La scelta del Regno Unito di uscire dall’Europa ha fatto vincere l’irrazionalità e l’orgoglio e non una visione in prospettiva di quello che si sarebbe potuto fare, tutti insieme, in Europa. E proprio l’Italia, il Paese più debole all’interno della UE, potrebbe risentirne maggiormente. I primi risultati sui mercati mondiali li abbiamo già visti, ed ora milioni di cittadini e migliaia di imprese si trovano ad dover affrontare situazioni scomode. Il Regno Unito avrà due anni per rinegoziare le sue condizione con l’UE, ma questa non è affatto una garanzia di tranquillità.
Oggi l’Unione europea a 28 vale il 22,3% del PIL mondiale ed è la seconda potenza economica mondiale dopo gli Usa (25,1%) e davanti alla Cina (15,4%) e al Giappone (6,0%). Con la vittoria dei “leave” la quota dell’Ue scenderebbe al 18,5% del PIL mondiale e – considerando le più recenti previsioni di aprile del Fondo Monetario Internazionale – la combinazione tra Brexit e il tasso di crescita porterebbe nel 2020 l’Unione “a 28 meno 1” ad essere sorpassata dalla Cina. Con la Brexit, inoltre, si sposterebbe anche il baricentro del Made in Italy. Attualmente le esportazioni italiane sono per la maggioranza (54,7%) destinate nei 28 Paesi dell’Ue; con la vittoria dei “leave” la quota maggioritaria del Made in Italy andrebbe ai Paesi extra Ue: all’attuale 45,3% si sommerebbe il 5,5% del Regno Unito per arrivare al 50,8%.
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