Non è carnevale
La battaglia di gay e lesbiche per uscire dalla discriminazione è importante per far crescere le coscienze di tutti
Può piacere o meno, ma la giornata di sabato per Varese sarà storica. Con il gay pride non va in scena il carnevale, ma il coraggio di esporsi, di gridare che un popolo maturo non può discriminare in base ai gusti sessuali.
Il pride è molto di più di una manifestazione che rivendica diritti civili. È uno snodo verso una cultura che ha la forza di guardare alle cose senza vergogna. Questo vale per tutti non solo per i gay, le lesbiche e i transessuali. La loro battaglia per uscire dalla discriminazione è importante per far crescere le coscienze.
Ogni società matura ha conosciuto momenti di cambiamento, a volte anche attraversando fasi cruente e drammatiche. Si pensi solo alla fine della nobiltà a Parigi. Allora non si facevano pride, si tagliavano le teste. Oggi abbiamo conquistato spazi in cui si mettono in scena metafore senza che debba scorrere il sangue. I parlamenti hanno sostituito i campi di battaglia, anche se qualche volta le scene a cui si assiste restano poco civili lo stesso.
Il gay pride fa scuotere molte teste perché mette in discussione il perbenismo con cui si guarda ai temi sessuali. “Carnevalate inutili” si legge spesso, quando non si dicono cose peggiori. Ci disturba vedere tanto colore e l’esibizionismo di chi dice basta a una società omofoba. Forse ci disturba ancor di più chi mette in scena la propria vita. Ci impaurisce l’idea che possa cambiare la cultura dominante. Una cultura che anche quando non ci piace, rassicura, tranquillizza, non mette mai in discussione lo status quo.
Il pride scuote e ribalta queste logiche. Lo fa in modo eccessivo, in modo provocante e questo per molti è imperdonabile.
Nel 1984 un piccolo gruppo di gay e lesbiche londinese raccolse 20mila sterline per una piccola comunità del Galles che vedeva gli uomini, quasi tutti minatori, in difficoltà economiche a causa di un lungo sciopero. La gente di quel paesino chiamava quei giovani “pervertiti”. Non fu facile far entrare in contatto due mondi così diversi e lontani. Alla fine fu possibile grazie alle donne più anziane e tradizionaliste della comunità. Videro nel gesto di quei giovani, la solidarietà, la vicinanza al di là di ogni differenza che all’epoca sembrava incolmabile. Ne è nato un film Pride, interessante non solo per ragioni sociali o storiche, ma perché aiuta a guardare quanto sia profonda la paura della diversità e quanto poi si possa superare.
Dovremo ringraziare le persone che si espongono e mettono in scena una rappresentazione, magari eccessiva, magari discutibile, ma in ogni caso importante per non continuare a girare la testa o peggio ancora discriminare. Tutta la società uscirà più consapevole grazie alla conoscenza delle differenze. Non si tratta di primati, né tanto meno di mettere in discussione i valori della famiglia. Il gay pride afferma altro e mette al centro il diritto di chiunque ad amarsi. Non è poco.
L’augurio è che domani sia davvero un giorno di festa.
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