“Sulla loro scia”, in bici a Cracovia in ricordo di Stefano e Alessandro
Un gruppo di amici, in bici, per 1335 km in quattro Stati, ricordando i due coetanei scomparsi tragicamente nell'ultimo anno
Tredici ragazzi in bici per 1335 km, da Cassano a Cracovia, per la Giornata Mondiale della Gioventù. Spedizione di un’estate, ma soprattutto il ricordo di due amici scomaprsi: “Sulla loro scia” è il viaggio nel ricordo di Alessandro Giani e Stefano Pietrobon, i due giovani ciclisti scomparsi nell’arco dell’ultimo anno, rispettivamente per un tragico incidente alla cartiera di Cairate e per un malore avuto in bici.
«L’Ale ci aveva chiesto di andare in bici alla GMG, noi non volevamo, volevamo qualcosa di più divertente per la nostra estate» ha raccontato Mauro Meneguzzo, uno dei ragazzi del gruppo, chiamato a parlare alla presentazione del viaggio. «Ma la sera del funerale dell’Ale, in quel clima di intimità che c’era tra noi, abbiamo deciso di metterci in gioco, facendo quel che voleva fare lui. Abbiamo riunito anche altri ragazzi che andavano in bici con noi, alla fine abbiamo tutti 18-19 anni e andiamo in bici da 10 anni insieme» ha concluso, emozionato.
Il viaggio “Cracovia 2016” è stato organizzato con molto entusiasmo da tante persone diverse, genitori, parenti e amici di Stefano e Alessandro, sponsor raccolti per l’occasione tra le aziende locali e il mondo del ciclismo. «Se fossimo stati lasciati soli non saremmo qui a raccontare una possibilità positiva, per noi e per gli amici di Alessandro e Stefano» ha detto Davide Giani, introducendo la serata di presentazione del viaggio all’oratorio San Pietro di Cassano, a cui hanno partecipato moltissime persone, tra cui il parroco don Gabriele Gioia, Nicola Poliseno e Mirko zorzo, i sindaci di Cassano e Albizzate, i paesi dove vivono le famiglie Giani e Pietrobon. «Il fine dell’associazione e aiutare i ragazzi a rispondere alle domande che le tragedie che ci hanno scosso hanno posto». Prima “prova” proprio il viaggio in bici, che coinvolge i ciclisti ma anche altre persone, come gli accompagnatori, ma anche chi ha creato una serie di oggetti di merchandising “solidale” (magliette, portachiavi, ecc, creati da una locale comunità disabili). «Mio figlio sentiva tantissimo questa idea» ha aggiunto Fabrizio Pietrobon. «E noi anche come genitori abbiamo sentito questa cosa molto vicina al nostro cuore».
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