Via Francigena: da Fiorenzuola a Fidenza

Il racconto della decima tappa sulla Via Francigena del direttore Marco Giovannelli

Via Francigena: da Fiorenzuola a Fidenza

Caldo e asfalto sono un’accoppiata terribile. Se poi il primo fa registrare le temperature minime sempre sopra i 30 gradi e il secondo su 22 km te ne fa percorrere 20 su quel terreno, allora per il pellegrino la giornata si fa pesante.

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E dire che la tappa di oggi tutto sommato è stata facile. Le rampe per scavalcare due volte l’autostrada sono la massima pendenza. Il paesaggio è quello che è. Gran campi di pomodori, un po’ di mais e poco altro.

La sveglia è suonata puntuali alle 6. Voglia di alzarmi poca, visto un letto comodo con lenzuola morbidissime. Ebbene sì, ho infranto lo standard del pellegrino e a Fiorenzuola ho dormito in un magnifico agriturismo. Battibue è una località sulla Francigena poco fuori la città. La grande cascina fu fondata alla fine del Settecento e allora ci vivevano decine di famiglie. Era il luogo dove si portava il frumento per farlo battere. A fare questo lavoro erano alcuni buoi che facevano azionare delle macine. Forse da qui il nome alla località e quindi anche alla cascina.

Ora ci sono due aziende che vivono per lo più di turismo. Hanno 12 stanze e un ristorante presidio di Slow food. La terra viene ancora coltivata, ma non nelle dimensioni di una volta. «Oggi è più semplice – mi racconta Gianpiero – anche perché c’è la tecnologia a venirci in aiuto e ci sono materiali come i diserbanti selettivi che permettono di lavorare in modo diverso».

Sono stati gli stranieri a scoprire per primi la nuova attività della Battibue. In particolare gli olandesi che avevano relazioni economiche con il territorio. «Il posto è apprezzato e poi la gastronomia qui fa la differenza perché si mangia bene». Si sono fidati di me e stamattina sono tornato a provare l’ebrezza di fare il barista. Trovate le chiavi per entrare nel ristorante e spazio bar, mi sono fatto il cappuccino da solo. Accompagnato con pezzi di torte fatte in casa, è stata un’ottima colazione.

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Un’ora di cammino e finalmente sono potuto entrare in una chiesa aperta, malgrado fossero solo le sette e mezza. L’abbazia di Chiaravalle è un capolavoro. Fu edificata nel 1135 dal fondatore dei cistercensi Bernardo da Chiaravalle. Due secoli dopo venne costruito lo splendido chiostro. L’abbazia è proprio di spalle all’autostrada, ma per fortuna non se ne sentono i rumori.  L’ingresso della chiesa è una delle porte sante previste per il Giubileo della Misericordia voluto da Papa Francesco. In uno dei locali di accesso dal chiostro trovo una mostra della Emi, editrice missionaria, dal titolo “Fare misericordia”. In ogni pannello è raffigurata un’azione è un testimone. Mi soffermo a lungo su due di loro, posti di fianco.

Don Milani sembra guardare monsignor Romero, due veri santi. Il primo per aver speso la sua giovane vita per consentire agli ultimi di capire l’importanza della conoscenza, della cultura. Il secondo per aver perso la vita, barbaramente ucciso nel marzo del 1980 per aver difeso i poveri chiedendo giustizia e pace.

La Emi ha pubblicato libri importanti per la mia formazione. Insieme con la Cittadella editrice di Assisi, sono state le case editrici che mi hanno accompagnato durante l’adolescenza è gli anni subito successivi. Un percorso dentro quel mondo cattolico considerato ascetico, ma anche eretico. Fatto di una fede che poggia sulla prassi e anche sulla preghiera. Ricordo i testi di Ernesto Cardenal, Leonardo Boff, Ettore Masina, Carlo Carretto, Adriana Zarri, Monsignor Casaldaiga e tanti altri.
Testi che mi aprivano lo sguardo e facevano conoscere mondo lontani. Una formazione che, insieme a tanti anni di scoutismo, contribuirono ad approfondire il senso del servizio, del l’ascolto, dell’accoglienza.

Torno così a comprendere una delle ragioni più forti che mi hanno spinto a mettermi in cammino. C’è l’esigenza in me di ritrovare quella matrice, quella “chiamata”, quella via che dà senso alla mia esistenza. C’è una ricerca di cura e attenzione all’altro che troppo spesso nella dimensione quotidiana sfugge nascosto e giustificato da tanti compromessi.

Quella mostra, con quei personaggi per me così emblematici, mi hanno risvegliato questa parte di me. Lo hanno fatto malgrado la fatica di stare in cammino in una giornata torrida che ha amplificato la fatica.

Gli unici dislivelli della giornata sono quelli dei cavalcavia per superare due volte l’autostrada e la ferrovia. Poi il ponte Sigerico alle porte di Fidenza. Credo di non avere mai visto così tante Frecce rosse come oggi. Restare per oltre tre ore al fianco della linea dell’alta velocità permette di riflettere anche su come sia cambiato il sistema dei trasporti e su che razza di “magia” sia far correre così tanti convogli in poco tempo. Quel tratto è tra i più transitati e si possono vedere decine di convogli diversi sfrecciare sui binari.

Arrivo a Castioni Marchesi sfinito, ma contento di aver davanti a me solo nove km. Quel “solo” mi avrebbe fatto presto capire cosa significhi la parola percepito rispetto alla realtà. I primi tre sono andati rapidi per arrivare a Bastelli, un borgo con dieci case. Da lì a Fidenza è stata solo forza di volontà e collaborazione tra le gambe e le braccia che spingevano sulle bacchette. Un caldo tra i più torridi che io ricordi. Ho scoperto a Fidenza che eravamo a 37 gradi all’ombra. Peccato che io di ombra in quel l’ultimo tratto ne abbia vista solo nel sotto passo della tangenziale della città.

In ogni caso poco dopo le 13 sono arrivato. Dovevo avere una faccia, vista l’espressione di tenerezza della ragazza del locale dove mi sono fermato a riposare proprio nel pieno centro della città. Mi sono scolato un litro di acqua in pochi minuti e poi solo una piccola pietanza perché la fatica rallenta la fame.

Fidenza mi accoglie in modo speciale perché stanotte dormirò a casa di Luca Bruschi, coordinatore e direttore dell’associazione internazionale delle vie Francigene. Mi viene a prendere in piazza Duomo, in restauro tutta la facciata, e mi accompagna da lui. Stasera cena con il presidente Massimo Tedeschi e sarà una bella occasione per fare il punto sullo stato del cammino italiano. Da domani si riprende a salire e in quattro giorni sarò alla Cisa, da dove ero partito un anno fa.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 11 Luglio 2016
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